Posts written by Minerva61

view post Posted: 3/1/2021, 17:39 La vera storia della befana - Auricchio
La vera storia della Befana

In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti...Però aveva un pessimo caratteraccio. Era sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l’uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l’innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente.
Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano cominciato a soprannominarla “la strega”. Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce. Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere. Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po’ di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore ed era troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno. Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. Più lei si sentiva odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta.
Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. C’erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell’intero villaggio. Curiosa com’era vide subito che c’erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare alla porta. Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per curiosità che per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re. Era molto bello e le fece un gran sorriso, mentre diceva: “Buonasera signora, posso entrare?”. Befana rimase come paralizzata, sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. Quell’uomo era così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio. Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo e dalla morte. Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No, no, non posso”. In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa.
Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al Salvatore un dono anche da parte sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più sconosciuto. Però le sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”. La mattina, all’alba, finse di essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio. Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione.
Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne regalava una, e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica.
Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent’anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare.
Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota… una calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona.
Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi.
Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti i bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista… altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si comporti da bambino generoso”.
E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù.
Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini… ed il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni.
È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.

view post Posted: 21/7/2019, 19:16 Riflessioni di Stefano Berardi - Renato Zero
Renato è sempre stato l'Artista controcorrente per eccellenza. Ha "spaccato", come terremoto improvviso, lo show business e il mondo della musica. Non contento, è l'unico Artista italiano che non ha una major dietro le spalle ed ora si autoproduce il prossimo tour per gestire autonomamente la propria attività artistica. Perché?
Perché la libertà non ha prezzo. Perché per un Artista come Renato, essere ZERO è un vanto e non un modo di dire...
In questo contesto come si fa a chiedere, a "contestare" ancora oggi una scelta come "Zerovskij"?

Era troppo facile fare la "Baglionata" di presentare la carrellata di successi dal primo all'ultimo e poi "gridare al miracolo" per la presenza di ballerini e coreografie(???)... Renato, per festeggiare i 50 anni di carriera ha presentato un capolavoro. Uno spettacolo teatrale che in Italia, si chiama "Commedia musicale". Fu inventata dai due grandi "Garinei e Giovannini" che ne fecero una loro firma d'autore.
Renato, con Zerovskij, fa di più. Sfruttando i dialoghi e la possibilità teatrale, crea una vera e propria storia. Denunciando l'emarginazione e la violenza di una società risibile!
Renato non ha bisogno di "applausi strappati o volutamente cercati".Altrimenti sarebbe rimasto dov'era:in una major!
Renato fa Teatro, Musica e Spettacolo.

E i ballerini li ha "scoperti" 46 anni fa, quando tutti lo prendevano per "folle" o "alieno"...
Ancora oggi, sento. Leggo. Di flop(parola che non sopporto in quanto italiano e amante della mia lingua)... Renato ha riempito ovunque ha portato questo CAPOLAVORO(è di questo che si sta parlando...) e se le persone, nelle prime date romane, si sono alzate per andar via la "colpa" non è certamente di Renato!!!

Di persone che non conoscono le regole basilari del TEATRO :non ci si alza durante la rappresentazione perché si distrae l'attenzione degli attori e del pubblico stesso.
Non si abbandona il luogo della rappresentazione perché è un gesto non carino verso gli attori che in quel momento stanno lavorando.
Ora, Renato, si presenta con qualcosa di nuovo e strabiliante...

Questa è ARTE. Questo è TEATRO. La regola basilare del PALCOSCENICO:non "ripetersi" mai!
Io sarò sempre con chi SPERIMENTA. Con chi non RIPETE MAI. Con chi era e sarà sempre lo "ZERO CHE VEDI"!


Stefano Berardi
view post Posted: 22/6/2019, 12:41 Ricetta per fare il pane - I Piaceri della Tavola
RICETTA PER FARE IL PANE

Ricetta: 500 g. Di farina 00, 370 ml. Di acqua, 12 g. Di lievito di birra, 2 cucchiaini di sale, 1 cucchiaino di miele ... Sciogliere il lievito con 50 ml. Di acqua di quella totale e con il miele .. Mettere la farina in una ciotola capiente versare il lievito sciolto al centro e girare con cucchiaio di legno .. Continuare l'impasto. Col sale e il resto dell'acqua. .. Poi spolverate la superficie con un po' di farina e coprite .. Lasciare lievitare per un ora e mezza. Preparate la teglia con la carta forno infarinata versate l'impasto sopra e poi dividere in tre filoncini .. Infornare in forno caldo a 220/230 per circa 30 minuti .. 😘

view post Posted: 18/6/2019, 23:16 Riflessioni di giugno 2019 - Auricchio
Da un post di Giulia Agostini
Leggo con immensa tristezza che l'abbandono dei cani, piaga sociale di ogni anno, ha già raggiunto numeri altissimi. Avere un cane è veramente complicato. Bisogna portarlo a fare la passeggiata almeno 3 volte al giorno, bisogna raccogliere la sua cacca.... farlo mangiare ... e costa .... cavolo se costa!!! Lui è Balto. Si sveglia alle 6 del mattino per il caldo. Inizia ad ansimare vicino al nostro viso con l alito che sa di croccantini. E non croccantini normali.... i croccantini per il metabolismo e l artrite. Un odore tremendo.... e non sto a dirvi il costo!!! Tra aprile e maggio abbiamo fatto visita alla dottoressa almeno 4 volte. Le analisi del sangue, una zampetta malconcia, sangue nelle feci.... la mattina usciamo alle 6.30. Io ho un pancione che sta raggiungendo dimensioni notevoli... forse tra qualche settimana farò prima a rotolare che a camminare. Però accompagniamo papà Antonio a lavoro e ci facciamo una bellissima passeggiata. Incontriamo qualche amico cane, e anche qualche nemico. Inizia ad abbaiare e saltare, mi costringe ad urlare "basta Balto se cado mi faccio male io e si fa male la sorellina". E lui si ferma. Immobile. Mi guarda e richiede le coccole. Balto mi chiede scusa. E lo fa nel modo più dolce del mondo. Poi dopo un paio d ore torniamo a casa, giochiamo con la palla e quando è arrivato il momento di iniziare a lavorare o "sfaccendare" lui lo capisce, si sdraia e mi guarda. Quando la normale fatica del 7 mese di gravidanza si fa sentire non mi lascia sola un attimo. Mi segue pazientemente in ogni stanza. E quando mi siedo per riposare si avvicina e annusa la pancia. E Chiara inizia a scalciare. E a me passa tutta la fatica. Certo.... le rinunce sono tante. Ma mai troppe. Non è mai troppo per Balto. Mai. Quando preparerete i vostri bagagli per andare al mare, pensate che io e Antonio quest' anno al mare non andremo. Eppure farebbe bene a me e alla piccola Chiara. Ma Balto il caldo lo tollera poco. Quando deciderete di farvi una gita fuori porta senza portare il cane, pensate a noi che non andiamo al cinema da quasi un anno. Pensate a noi anche quando vi verrà da pensare, e sfortunatamente di dire, che "il cane sporca, perde i peli, oddio che schifo." Pensate alla nostra casa.... io trovo peli anche nelle ante dell'armadio in cui non riesco ad arrivare....e non sto qua a raccontarvi la condizione delle nostre macchine. Ecco, quando pensate che non avete voglia di rinunciare a qualcosa per il cane, pensare a me, che rinuncio a tutto. Pensate a Balto e a tutte le volte che mi ha "costretta" a lunghissime passeggiate..... evitandomi il diabete gestazionale. Pensate a Balto e a tutte le volte che mi ha leccato via le lacrime nei momenti di paura e disperazione. Pensate a Balto che ha rinunciato a innumerevoli notti di riposo per controllare me che vomitavo nel bagno. Ah.... e pensatelo anche dentro alla Prenatal, eh già..... ce lo siamo portato anche li, che si è seduto due ore pazientemente per farci scegliere il corredino di Chiara. Pensate a Balto quando si è fatto centinaia e centinaia di km per accompagnarci, e soprattutto accompagnarmi, in un momento difficile. Quando pensate di abbandonare un cane, il vostro cane, pensate a me, Antonio, Chiara e Balto. Pensate che si può essere una felice famiglia in vacanza senza cane. Ma si può anche essere come noi.... una meravigliosa strafelice famiglia con cane, senza vacanza 😅.
Teneteli con voi. Per sempre.

view post Posted: 30/12/2018, 23:29 Il Dna dei messinesi sepolto dalle macerie del 1908: una mutazione genetica - Auricchio
Il Dna dei messinesi sepolto dalle macerie del 1908: una mutazione genetica



Penso spesso che con il terremoto del 1908 sia accaduto qualcosa di grave al nostro Dna di messinesi. Non ho ovviamente alcuna base scientifica per dirlo, né mi arrogo la superbia per poterlo sostenere. Ma è come se sotto le macerie in quei 37 secondi fosse finito il nostro Dna e ci sia stata una mutazione genetica, peraltro al contrario rispetto a quanto accade alle comunità di fronte alle catastrofi.


Siamo eredi di quei 37 secondi. Siamo stati partoriti geneticamente da quei calcinacci, dai soprusi che seguirono ai primi soccorsi, dalle “deportazioni” e dalle successive “colonizzazioni”, dalla polvere che si sollevò quando su ordine del generale Mazza fu usata la dinamite in ogni parte della città, dall’abisso di dolore di chi non è riuscito a rialzarsi.
A volte penso che siamo ancora lì, impauriti sotto quel che resta di un tetto e di un focolare, con la paura di alzarci e scoprire che siamo senza gambe, con la rassegnazione di chi vede gli sciacalli portar via i nostri beni, immobili a ricordare com’era bella la nostra casa, in attesa che venga qualcuno a soccorrerci e a dirci cosa fare per consegnarci a lui, docili e silenziosi.

Quel terremoto resta la più terribile sciagura naturale del Mediterraneo. Sono morti 80 mila messinesi. Oggi siamo poco meno di 240 mila, quindi equivale a dire che un secolo fa è perito un terzo della popolazione attuale. Ma un secolo fa 80 mila persone costituivano tutta LA CITTA’. Sono morti praticamente tutti. Sono morti i messinesi, quelli nel cui sangue scorreva storia, identità, orgoglio. Chi rimase sotto le macerie in parte fu salvato, in parte fu lasciato al suo destino. Altri furono fatti salire sulle navi e portati via. Soprattutto orfani, madri e bambini. Non sempre tornarono.

Quello che accadde in quei mesi ha cambiato il nostro Dna. Quando fu il tempo di “ricreare Messina”, avvenne una sorta di “operazione coloniale”. Vennero pionieri dalla provincia, dai villaggi collinari, da altre Regioni.

I miei nonni, sia materni che paterni, non erano “messinesi purosangue”. Venivano da Marsala, Napoli, La Spezia. Il nuovo messinese “nasce” da pionieri venuti dalla Calabria, dai villaggi collinari come Cumia, Castanea, dai Nebrodi, dalla Sicilia, dal salento.

Molti si sono innamorati di questa città che era fatta di baracche e di cemento armato, altri furono attratti dalle agevolazioni previste dal governo nazionale su chi investiva. I rapaci e gli sciacalli nel frattempo erano in gran parte andati via con il bottino rubato ai morti e ai vivi. Molti di quei rapaci misero radici qui. Ma non nacquero piante rigogliose perché l’animo del rapace è avido, pensa ad accumulare e a non produrre.

In quei 37 secondi avvenne di più. Il terrore e la sindrome di abbandono e di inferiorità ci è entrata nel sangue.

Per paura del mare gli abbiamo voltato le spalle ed oggi la zona falcata, il lungomare che non esiste è il simbolo di questo amore ferito, siamo come i bambini lasciati in orfanotrofio.

Il 28 dicembre su facebook ho letto un post di Giuseppe Laface illuminante: “Da allora avvenne una trasformazione quasi antropologica della città e della sua gente. Il mare che era simbolo di ricchezza, di apertura al mondo, il mare che ci univa al resto del continente, che era cultura ed anche trascendenza, diventava un qualcosa da cui ci si doveva proteggere. Ed ecco che Messina ed i messinesi voltarono le spalle allo stretto, si ritirarono verso le colline sviluppando un istinto di difesa da ciò che li aveva duramente colpiti. In questo secolo al terremoto sono state attribuite colpe anche ben oltre le sue effettive responsabilità, fino a diventare un alibi per tutto o quasi. Quello che per un secolo avrebbe dovuto costituire lo stimolo per una comunità umana a reagire, assurge a scusa per giustificarsi degli insuccessi e diventa una permanente ragione per piangersi addosso. Ostaggi felici dei propri carnefici e dei propri incubi. Succubi di una sindrome di inferiorità rispetto alle città vicine”.

Nel 1911 Giacomo Longo da Torre Faro scrisse il libro denuncia “Il duplice flagello”, che oggi chiameremmo “instant book”, nel quale raccontava gli errori e gli orrori di una gestione post-terremoto affidata ai militari guidati dal generale Mazza ed una macchina inadeguata e spesso cieca di fronte ai soprusi.

Mandò quel libro a tutti, compresi il Re Vittorio Emanuele e la Regina Elena, che gliele restituirono dopo aver fatto indagare su di lui.

E’ come se da quelle macerie non ci fossimo mai alzati o come se, alzati, ci fossimo ritrovati impotenti. Non abbiamo sviluppato quella che oggi si chiama resilienza e che è determinazione a non arrendersi, capacità di trasformare gli ostacoli in opportunità. Ci siamo alzati e abbiamo scoperto che non avevamo le gambe ma invece di provare a usare le braccia, o trovare un’alternativa, siamo rimasti lì aspettando che ci aiutassero, diventando complici di chi, con una mano ci aiutava e con l’altra ci derubava. Con una mano soccorreva e con l’altro imbracciava il fucile per non farci avvicinare alle macerie dove ancora c’erano i nostri cari.

Per un secolo siamo rimasti abbracciati a quest’alibi, abbiamo dato per scontato di essere poveri e disperati per destino.

Continuiamo a essere diffidenti nei confronti di un mare solcato da navi che ancora oggi portano via i nostri figli. Lo percepiamo come un mare ostile quando vediamo la città attraversata dai tir, quando siamo costretti a battaglie decennali per ottenere le coincidenze tra aliscafi e treni a Villa San Giovanni, quando ci vediamo tagliare corse e sovvenzioni per i mezzi veloci sullo Stretto, quando non riusciamo a essere quel porto che vorremmo e ci vediamo superare dal Pireo sul quale i cinesi hanno preferito scommettere. O ancora, quando le navi da crociera si fermano e i turisti scappano per altri lidi. Siamo l’unica città costruita sul mare che non ha un lungomare degno di questo nome ed in Fiera c’è addirittura una “fortezza” per non farcelo vedere e godere.

Ecco perché spesso penso, tra un anniversario e un altro, che sarebbe bello rivolgersi ad uno scienziato che si occupa di genetica per trovare il modo per recuperare il nostro Dna sano, resiliente e felice.

Rosaria Brancato


font: https://www.tempostretto.it/news/alibi-dna...j4_Zg1XpJTXZyHA
view post Posted: 19/9/2017, 00:43 Zerofobia - Renato Zero
Oggi volevo parlare di un disco che ha "segnato" un'epoca. È il sigillo di una generazione:gli zerofolli "misero" il loro marchio. Ne fecero la bandiera. Parlo di "Zerofobia" di cui ricorrono i 40 anni. E non dimostrarli!
Come per dire che quando si parla di tematiche "forti", di "sociale", di angoscianti periferie alienanti, l'attualità è d'obbligo... Ma qui c'era e c'è ancora, qualcosa di più:un Artista che "reclamava" e gridava al mondo intero la propria esistenza. E lo faceva "colorando" il suo corpo e il suo viso per stimolare l'attenzione e poter esporre le sue "ragioni" :denuncia sociale. Ancora attualissima, perché lui sempre avanti. Sempre presente nel difendere i "diseredati", gli "emarginati", gli "ultimi".

Per una società ottenebrata, cieca, malsana che si disinteressa dei più bisognosi. Fu un disco che "sconvolse" i benpensanti e che creò un'onda irrefrenabile:quella dei giovani dell'epoca! Il clown della copertina aveva un grande, immenso significato.

Troppo importante per tralasciarlo se Renato tutto questo lo ha tatuato nell'anima ancora oggi. Il gridare "io esisto" come sprone per un'intera gioventù... Ogni brano, un "manifesto"! Ascoltatelo in cuffia e saranno pugnalate allo stomaco... Anche per me, nonostante tutto, ancora oggi:IL MIO ALIBI È CHE VIVO!!!

di Stefano Berardi

view post Posted: 13/9/2017, 23:23 Il treno di Zerovskij si ferma a Taormina - Renato Zero
Il treno di Zerovskij si ferma a Taormina

articolo di Angela Platania

Un treno senza tempo, che fa la sua corsa nella vita.. fra vita e morte fra odio e amore E l’amore esplode a Taormina

E’ la splendida cornice del teatro Antico di Taormina che accoglie l’ultima data del tour trionfale di Renato Zero: Zerovskij, una sorta di opera teatrale, in cui si focalizza l’attenzione fra l’odio e l’amore, la vita e la morte, la stazione terra, quella di partenza, i passeggeri di sempre, Adamo ed Eva, l’inizio della storia.

E poi l’inquietudine, la supremazia, il femminicidio, l’angoscia dei figli rifiutati, l’onnipotente dio denaro. C’è tutto e di più in questo “Zerovskij”, il nuovo progetto tra musica e recitazione di Renato Zero, Un percorso musicale che si articola con la sovente lotta tra amore e l’odio, la vita e la morte per poi far trionfare l’amore e la vita.

Il finale è un po’ scontato, ma lo show è arricchito da testi attuali e attenti e per nulla superficiali; anzi, tutt’altro, ripetuti e rivisitati fino a dare un’immagine chiara e sincera, che contraddistingue da sempre, Renato Zero.

Questo non ha tolto poesia a tutto il percorso musicale, che ha intrattenuto, per ben due serate, il pubblico presente al teatro Antico di Taormina. Pubblico, provato da code interminabili, inspiegabili, che hanno anche un po’ ritardato l’inizio dello spettacolo, durato ben tre ore e mezzo.

Il nostro Renatino nazionale -lasciatemelo dire da fan, senza prosciutto sugli occhi- era notevolmente in forma, dimagrito e regale nel suo portamento, fiero del suo essere, prima Renato uomo e poi artista Zero. Sul proscenio non si è risparmiato e malgrado alcuni parti pre-registrate (sopratutto i suoi monologhi), non ha penalizzato il contatto col pubblico. Il palco, in cui è stata montata una ridotta scenografia, era gremito da un’orchestra di 61 elementi, coadiuvati dalla sua band storica, Lele Melotti, Paolo Costa, Danilo Madonia, Bruno Giordana, più 30 coristi e sette attori, stentatamente lasciava lo spazio, per le entrate in scena di Renato e i ballerini.

Location un po’ ristretta per uno spettacolo di questa portata. L’orchestra diretta da Renato Serio, prestigioso maestro che affianca Renato da decenni, era impreziosita dalla presenza del maestro Stefano Senesi, che lo accompagnava al pianoforte, in alcuni brani, sottolineando la splendida voce, del “re dei sorcini”. Ma, oggi, definire Renato cosi è assolutamente inesatto, perché questo termine non rende merito alle tante doti di Renato che, non è più il re dei sorcini.

Lui è proprio un re. Un re da palcoscenico, Un re del carisma, un re della puntualità e della perfezione. IMG_8589Quest’ultima dovrebbe essere una dominante fredda in un concerto, se non fosse che Renato, in ogni cosa che fa mette il suo cuore, un grande cuore che esplode sul palco… E’ come se cadessero petali d’ amore. E’ Amore questo tour “…solo per amore”, come sottolinea lui. L’amore scoppiato in brani come “Il mio momento”, “Mi trovi dentro te”, “pazzamente amare”, firmato della bravissima Mariella Nava. Brani incastonati come diamanti rari, in un pentagramma di emozioni, dei gioielli unici e preziosi. Come i diamanti lucenti e taglienti, i brani sono pugni, carezze, solitudine e speranza, come in “Un uomo da niente”, un grido e basta. Basta violenza sulle donne… sei un uomo da niente… Da Brividi.

Pochi tuffi nella sua vecchia discografia, niente hit di successi, ma solo brani che si incastrano nel lungo viaggio intrapreso dal capostazione Zerovskij: “La stazione e Marciapiedi” tratte dall’album “Artide Antartide” (1981); Potrebbe essere Dio, Padre Nostro (Tregua 1980), Siamo Eroi (Doppio Zero 1987), Infiniti Treni (Soggetti smarriti 1986), Motel (Trapezio 1976).

La serata conclusiva ha visto sul palco un Renato Zero visibilmente cupo, avevamo sentito aleggiare nell’aria vari dissapori e il motivo è stato svelato alla fine, pur ringraziando tutti, Renato, ha tenuto a precisare che non ringraziava la dottoressa Vera Greco, direttrice del teatro Antico, con questa motivazione “Incominciando da domani, la paura più grande non per un artista, ma probabilmente per un italiano, è incontrare e incappare nell’immobilismo, immobilismo delle idee, dell’azione, della fiducia degli altri, ci troviamo in tempio storico, ma questo anche ci spaventa, perché ancora vige il concetto che l’autorità sia totalitaria esentasse; che l’autorità si possa permetter,e non di educare gli italiani, ma di ucciderne l’iniziativa, di offendere la creatività. Non ringrazio quindi la dottoressa Vera Greco, non la ringrazio! Perché mi ha impedito di mettere in alto i due schermi questa sera e di fare un concerto degno di essere regalato a una popolazione come siete voi… con gli sforzi che fa un artista anche a girare pagina e a rischiare la propria vita per darvi di più perché ve l’ho promesso nel 1973 quando iniziai la mia carriera definitivamente. Vi avevo giurato che vi avrei portati lontano, che il mio coraggio sarebbe stato di stimolo alle nuove generazione, non smetterò cara dottoressa Greco.!!!!”

A questo non ci sentiamo di aggiungere altro. Per il pubblico vestito di cuore e d’amore è stato un incontro speciale, in cui il superfluo è rimasto fuori. Chi non è stato in grado di apprezzare questo spettacolo, è giusto che sia andato via. Andando via l’indifferenza e la supponenza… resta solo Amore.

Grazie Zerovskij per tutti i brividi che ci hai regalato.

font: http://guida-recensionimusicali.myblog.it/...iva-a-taormina/


view post Posted: 13/9/2017, 21:39 Taormina. Cardente: “Teatro Antico e Renato Zero, quando arte e bellezza si uniscono a talento ed em - Renato Zero
Taormina. Cardente: “Teatro Antico e Renato Zero, quando arte e bellezza si uniscono a talento ed emozioni”


Taormina. “La città di Taormina, nel suo meraviglioso Teatro Antico, ha regalato ai siciliani e ai turisti presenti di molte nazionalità un trionfo di bellezza nella bellezza; un trionfo di emozione nelle emozioni; del talento artistico e architettonico del passato che incontrava e s’impregnava di un talento musicale e artistico di diversa natura ed epoca: quello di Renato Zero”: a dichiararlo, è Alessandro Cardente.

“Zerovskij non è stato un concerto – continua Cardente – non un musical, ma un’opera teatrale, senza pregiudizio, di altissimo livello. Esistono artisti con un dono speciale che supera quello dell’abilità canora o di una semplice bella canzone.

Ci sono artisti che nella loro struttura dorsale possiedono un carisma e una genialità inarrestabile e profonda e capacità di rinnovamento. Renato Zero è una fucina in eterna evoluzione, una locomotiva artistica e professionale che corre e si esprime però sempre sullo stesso binario: quello delle emozioni, dei sentimenti, dell’amore profondo della musica e della vita sotto tutte le sue forme. L’opera teatrale, composta solo da alcune sue canzoni con un filo conduttore unico, ha escluso i grandi successi del suo repertorio creando a pochissimi sprovveduti la sensazione di delusione.

Ma questo lavoro, questo progetto, ha rappresentato molto più di un semplice concerto. Una macchina organizzativa impressionante. Oltre cento artisti presenti su un palco affollato tra musicisti d’orchestra, coristi, ballerini e attori. Tutti eccellenti! Tutti giovani e preparati, un bagno di speranza che ci aiuta a credere che può vincere la capacità professionale, il talento e non l’apparenza estetica o la raccomandazione che brinda alla superficialità e alla scarsa qualità artistica. Tutto coordinato da una precisione organizzativa vista raramente in altri spettacoli italiani.

Le note di Zerovskij hanno baciato e accarezzato le pareti di questo nostro teatro donando riflessioni anche forti e difficili da digerire. Pedofilia, femminicidio, eutanasia, vita e morte e ancora vita, ma il tutto accompagnato da quei panorami e quei profumi taorminesi. Il risultato? Qualche ora di vita che ognuno dei presenti conserverà gelosamente nel proprio cuore e nella propria mente come un prezioso souvenir”.


alessandro-cardente-11-09-17

view post Posted: 11/9/2017, 23:09 Discorsi finali a Taormina - Renato Zero
7 settembre 2017 Taormina - Discorso finale:

Qualcuno ostinatamente tenta di riportarmi indietro, al buio della memoria, sono tempi in cui la gelosia prevale sulla ponderatezza ma soprattutto sulla generosità. Dobbiamo augurare ai nostri nemici tutto il bene possibile, perché questo pianeta brilli ancora di un abbraccio sincero che sia educativo, profondo, e ci possa portare finalmente ad una pace definitiva.

Vi voglio molto bene, insieme a #Zerovskij, alla Stazione Terra, alla grande Orchestra della Franciacorta. Siamo qui per voi, per ricordardavi che vi amiamo tanto.

Grandi!!!! Grazie Taormina! Non dimenticateci eh! R.Z. ❤ grande Renato Zero



Discorso Finale di Renato a Taormina ,il 9 Settembre, all'ultima data di #zerovskij #soloperamore

"Cominciando da domani, la paura più grande non per un artista, ma probabilmente per un Italiano, è incontrare e inceppare nell'immobiliismo, l'immobilismo delle idee, dell'azione, della fiducia degli altri, ci troviamo in un tempio storico, ma questo anche ci spaventa, perchè ancora vige il concetto che l'autorità sia totalitaria esentasse, che l'autorità si possa permettere non di educare gli Italiani ma di ucciderne l'iniziativa, di offendere la creatività, non ringrazio quindi la Dottoressa Vera Greco, non la ringrazio, perchè mi ha impedito di mettere i miei schermi questa sera, limitare così il concerto degno di essere regalato a una popolazione come siete voi, con gli sforzi che fanno gli artisti anche a girare pagina, e a limitare la propria vita, per darvi di più.

Perchè vi ho promesso nel 1973, quando iniziai la mia carriera definitivamente, vi avevo giurato che vi avrei portato lontano, che il mio coraggio sarebbe stato di stimolo alle nuove generazioni, non smetteró cara Dottoressa Greco!!!vado avanti!!!
GRANDIIIIIII....

Grazie della vostra compagnia, grazie, grazie, è stata una bella avventura anche questa, vi voglio raccomandare ancora una volta
NON DIMENTICATECIIII...AMOREEE"

P.S. Neanche noi ti dimenticheremo mai
view post Posted: 11/9/2017, 23:03 Pensiero di fine concerto - Renato Zero
Ci sono notti insonni per problemi o notti insonni per paure...poi ci sono notti insonni per gioia e adrenalina che non vanno via perché il sogno ad occhi aperti resta il più bello che puoi fare...e allora non so se dormirò questa notte ma voglio dirvi che l'esperienza di Zerosvskji con tutte le sue avventure e non ultima questa tappa di Taormina, ha per sempre cambiato la mia vita rendendola più bella e più vera più felice e più matura più ricca di amicizie e amore.

Si! questa notte non dormirò perché ripenserò a Tutto ciò che io e i miei straordinari colleghi abbiamo vissuto nei mesi in cui è nato questo spettacolo dal primo momento in cui ognuno di noi ha messo piede nello straordinario mondo dell' immenso Renato Zero! ...
Voi Sorcini, voi Zerofolli, che nella vita avete scelto di seguire il vostro guru, il vostro eroe, il vostro artista preferito sappiate che avete fatto la cosa più giusta e lungimirante della vostra vita e dopo aver vissuto questa esperienza accanto al Maestro ne sono più che mai convinta e fiera anche io.

Grazie Renato per ciò che mi hai donato in ogni istante dentro e fuori dal palco, mi hai guardato negli occhi e mi hai folgorata con il tuo amore! grazie Vincenzo Incenzo per la fiducia che mi hai dimostrato e grazie a tutti coloro che hanno reso questo show indimenticabile e unico, musicisti, coro, tecnici, staff ... tutti!!!!! Ps: Ai mie 6 colleghi e amici, grazie per aver condiviso il vostro straordinario talento e le vostre nobili anime . Mi sono sentita parte di una vera famiglia .

E a voi vecchi e nuovi amici che avete inondato la mia vita di amore con i vostri applausi e messaggi sappiate che ogni pezzo del mio cuore ora vi appartiene!
Con gratitudine Vostra VIta / Morte ... o più semplicemente vostra Mata /Amata !!!!!(❤️) Roberta Faccani

view post Posted: 7/9/2017, 10:27 RENATO ZERO …VSKJI: il volto rinnovato della ZEROFOLLIA - Renato Zero
RENATO ZERO …VSKJI: il volto rinnovato della ZEROFOLLIA

Si conclude al Teatro Greco di Taormina lo spettacolare tour di Renato Zero…

Il nostro caro, abituale, “trasformista per vocazione” che, solo per amore, vestirà i panni di un insolito Capostazione termina la sua calda Estate nella Terra di Cronos…

“Zerowskji – solo per amore” è l’ultimo progetto live di Renato Zero che il 7 ed il 9 Settembre prossimi sarà portato sul palco del Teatro Greco di Taormina, dopo le date di Roma, Lajatico e Verona.

un articolo di Erika Piscitelli

Zerowskji… Non si tratta di un concerto, non può essere definito musical e probabilmente la definizione di opera teatrale risulterebbe comunque limitativa. Zerowskji è una scommessa (vinta) tra Renato e Zero e tra Zero e il suo fedele pubblico; è l’occasione di rimettersi in gioco dopo cinquanta anni di carriera, è lo strumento per regalare vesti inedite a quei contenuti e a quei pensieri che da sempre sottendono alla produzione discografica di Renato.

In una stazione dei treni, oltre il tempo e lo spazio, c’è un capostazione – Zerowskji – che lavora instancabilmente per garantire che il flusso della vita prosegua lungo i binari dell’essere, malgrado le reticenze degli uomini, intrappolati dalle dorate reti dell’apparenza, della lussuria e dell’avidità che essi stessi hanno contribuito a tessere.

Tra binari bui e treni mancati, accanto a Adamo e Eva in qualità di rappresentati del genere umano, unitamente a NN, il giovane uomo abbandonato in fasce dai genitori in un vagone dismesso, si muovono Tempo, Amore, Odio, Vita e Morte, alla ricerca dei loro ruoli, smarriti nel vortice di superficialità e inedia che ingoia l’essenza stessa dell’umanità.

Il compito di Zerowsky, allora, è quello di riportare luce tra le ombre dell’esistenza, conducendo ogni personaggio sulla soglia della propria essenza, consentendo loro di ricostruire gli equilibri perduti affinchè il disegno della vita, possa ritrovare i suoi stessi contorni: così Tempo svestirà i panni del nemico delle possibilità, diventando piuttosto il baluardo delle opportunità, Amore ritroverà la forza di bastare a sé stesso, arginando la spudoratezza di Odio, Morte si spoglierà dei suoi abiti lugubri e riscoprirà la sua attitudine ad essere naturale e dolce prosecuzione della Vita e non negazione della stessa; NN, infine, verrà condotto sulla soglia della sua felicità, riscoprendo dentro se stesso la forza della speranza e la consolazione di comprendere che la sua solitudine è soltanto lo strumento per affermare la propria meravigliosa unicità.

Un progetto incredibilmente ampio, dunque, che con innegabile delicatezza conduce lo spettatore a riproporsi gli eterni interrogativi sul significato della vita e della sua effimera mutevolezza. Al termine dello spettacolo (della durata di circa tre ore) difficilmente si saranno trovate risposte, ma di certo sarà stato donato al pubblico un momento di profonda riflessione e, magari, uno stimolo a cercare ogni giorno un motivo per abbracciare il cambiamento quale fonte inesauribile di crescita e bellezza.


Chi scrive ha avuto la fortuna di assistere allo spettacolo già tre volte e, unitamente al fatto che vanta una ”militanza” di 14 anni nell’universo zerofolle, osa invitare i sorcini di Renato ad affacciarsi all’uscio di questa nuova esperienza con la mente aperta e sgombra da mendaci aspettative: c’è uno Zero diverso su quel palco. Non nuovo, in quanto i temi trattati nel corso dell’opera sono già ampiamente presenti nella sua produzione musicale, ma indubbiamente rinnovato. Mancano i grandi classici, mancano le canzoni da cantare a squarciagola con il microfono rivolto verso la platea, mancano anche gli ampi dialoghi tra una canzone e l’altra; non ci saranno cambi d’abito, in omaggio alla più genuina tradizione teatrale che vuole l’abito come segno di caratterizzazione del personaggio, non ci sarà spazio per l’improvvisazione, poiché c’è un’opera da portare a termine, che pretende il rispetto dei tempi e dei ruoli degli attori.

Eppure su quel palco ci sarà un Renato genuino, autentico, forte della sua innata capacità di veicolare la sua personalità attraverso ogni articolazione dell’arte; ci sarà un artista coraggioso, che dopo 50 anni di militanza ancora assapora il gusto della libertà di cambiare direzione alla sua musica, affidandola a un’orchestra (quella della Franciacorta) e a un coro di stimabili, giovani professionisti di talento; ci sarà un uomo consapevole delle proprie emozioni al punto da decidere di affidare il seme delle stesse agli spettatori, invitandoli a dubitare, sconcertarsi, stupirsi per poi rendersi conto che, in fondo, sono stati soltanto e nuovamente catturati dalla zero follia.

Dunque in bocca al lupo Zero… in bocca al lupo Renato: la Sicilia intera, senza scordare il bel palcoscenico di Taormina, aspettano il loro appassionato Capostazione!

font: http://iogiornalista.com/renato-zero-zerov...ova-zerofollia/

view post Posted: 4/9/2017, 23:26 Il tour di Renato Zero si ferma a Taormina? Nuove speranze dall’artista ai Wind Music Awards - Renato Zero
Il tour di Renato Zero si ferma a Taormina? Nuove speranze dall’artista ai Wind Music Awards
Il tour di Renato Zero potrebbe allungarsi ancora: a darne conferma è l'artista, intervenuto ai Wind Music Awards.


6 giugno 2017 di Martina Dessì

Il tour di Renato Zero potrebbe continuare anche dopo Taormina. A confermare la succosa eventualità è l’artista stesso che, sul palco dell’Arena di Verona, ha interpretato Infiniti Treni e Stalker, entrambi contenuti in Zerovskij – Solo per amore. La tournée a supporto del nuovo disco inizierà tra poco meno di un mese dal Centrale Live di Roma, nel quale il cantautore capitolino terrà una residency di 6 giorni, dal 1° al 6 luglio.

Raggiunto da Vanessa Incontrada, Renato Zero ha confermato che sarebbe pronto ad aggiungere altre date alla tournée, in base al gradimento del pubblico. Stando ai primi numeri emersi da queste settimane di prevendita, il tour per Zerovskij ha ricevuto ben più di un semplice gradimento, avvicinandosi a passi lunghi e ben distesi verso alcuni sold-out.

Ancora sconosciute le modalità con le quale l’artista deciderà di proseguire gli appuntamenti con i live. Certo non sarà più percorribile la via degli spazi aperti come accadrà nelle prossime settimane a causa del meteo, troppo incerto dal mese di settembre in poi.

Dopo le date di Taormina, prevista per il 7 e 9 settembre prossimo, Renato Zero potrebbe annunciare una nuova sessione di concerti nei palasport, come accaduto nel caso di Alt per il quale ha organizzato oltre 30 date in tutta italia.

Intanto, il treno di Zerovskij è pronto a partire dal 1° luglio al Foro Italico di Roma, dove proseguirà fino al 6 luglio. Renato Zero sarà poi a Barolo, il 18 luglio, in occasione del Collisioni Festival, per poi concludere gli appuntamenti del mese con la tappa di Lajatico, il 29 luglio. Si riprende nel mese di settembre, con la doppia all’Arena di Verona del 1° e 2 settembre, per poi concludere il 7 e 9 settembre al Teatro Antico di Taormina.

L’ufficialità sulle nuove date è ancora lontana, ma l’artista si è detto pronto ad accontentare più fan possibile, attraverso l’aggiunta di altre tappe alla grandiosa tournée a supporto di Zerovskij.

view post Posted: 3/9/2017, 21:24 ZEROVSKIJ... CORAGGIO E AMORE - Renato Zero
ZEROVSKIJ... CORAGGIO E AMORE

di Red Canzian


Lo so che di solito gli artisti non si prendono la briga di raccontare dei loro colleghi, lo so, non si fa... e so anche che su FB la gente vuole leggere post brevi... ma a me le regole interessano solo se hanno un senso... altrimenti preferisco muovermi in modo “gentilmente anarchico“ e soprattutto libero... perciò, se avrete voglia di leggermi, qui di seguito, vi racconto di un “capolavoro“ che ho visto l’altra sera.

Si, perché l’altra sera, e ieri sera, all’Arena di Verona, è andato in scena qualcosa di grande... tutto l’amore e il coraggio di un artista che non ama vincere facile, un uomo che si è sempre messo in discussione, cercando e ricercando da sempre nuovi modi di espressione, un artista vero, che è riuscito ad abituarci alle sue trasformazioni perché ogni volta erano intrise della sua profonda passione per la vita.
In estate ci eravamo “sfiorati“, io e Renato, al Festival Collisioni, a Barolo...avevo ascoltato il cd di questo suo nuovo lavoro... mi aveva colpito tantissimo e gli avevo telefonato per fare i miei, davvero sinceri, complimenti, e promettendogli che sarei venuto a vedere lo spettacolo all’Arena, a settembre... e così è stato.

Prima dello spettacolo, sono andato a trovarlo nel suo camerino, ed è stato bello rincontrarci... ci siamo abbracciati, abbiamo parlato di noi, di quelle estati degli anni ’70, quando eravamo tutti a suonare nella Riviera Romagnola. Abbiamo anche parlato della musica, quella di oggi e di quello che noi, “veterani di questo straordinario viaggio“, possiamo ancora dare ai giovani che vogliono intraprendere il nostro mestiere.

Poi, giù, in platea, accompagnato dal nostro “manager in comune”, Ferdinando Salzano, perchè lo spettacolo stava per iniziare. E fin qui, avrete notato, ho chiamato spettacolo quello che Renato stava per fare... bene, cancellate quella parola... “Zerovskij, Solo per amore“, non è classificabile... è poesia, opera, commedia di prosa e commedia musicale (e non ho detto Musical volutamente), è un grande atto d’amore per la vita e per questo nostro mestiere... sul palco il suono imponente e raffinato dell’orchestra diretta da un altro grande Renato... Serio.

Un impianto scenico che riporta alle ferrose stazioni dei treni dei primi del ‘900, una serie di personaggi che si alternano, in una narrazione, recitata e cantata, interpretando gioie e paure della nostra esistenza: la vita e la morte, l’amore e l’odio, il tempo, Adamo ed Eva e un figlio di nessuno... Maschere straordinarie di una quotidianità alla quale tendiamo abituarci, anche quando fa male.

E sono tutti bravi... e ancor più brava è Roberta Faccani, che avevo già apprezzato nel nostro “Pinocchio“... ora Roberta è attrice completa e cantante assoluta, che sa trasmettere il vero brivido, quello lungo che percorre tutta la schiena e non si smorza facilmente.
Il “suono totale“ che arriva dal palco di Zerovskij è splendido, caldo, e ogni strumento trova la sua perfetta collocazione.
E anche la voce di Renato, quando canta, sempre rigorosamente dal vivo, colpisce per la pulizia di suono e per l’interpretazione, intensa e pacata, che sa far arrivare il messaggio in profondità, nel cuore dell’ascoltatore.

E se tutto questo non è amore!
Ma nel titolo ho scritto anche “coraggio“... sì, perché ci vuole coraggio, ad abbandonare, per una volta, i grandi successi, e scegliere di raccontare qualcosa di nuovo, di diverso, e quindi sconosciuto, e quindi rischioso!
Ma il coraggio di Renato, di voltare pagina, è stato premiato, da un pubblico attento e cosciente di assistere a un opera magnificamente unica... e dai sold out che sta ottenendo ad ogni data.

Zerovskij è un viaggio dentro alla musica più bella, quella che ha accompagnato la nostra vita. Maurizio Fabrizio ha scritto “arie“ imponenti, intense, a supporto di testi che arrivano veloci, anche quando parlano di cose non sempre facili.

Ieri sera mi divertivo a chiudere gli occhi ogni tanto e ritrovavo tracce delle cose migliori di Garinei e Giovannini, Burt Bacharach, dei grandi chansonnier francesi e della migliore tradizione cantautorale italiana, da Bindi a Tenco a... Renato Zero!

Voglio infine citare anche i miei amici della band a supporto dell’orchestra: Danilo Madonia alle tastiere, Bruno Giordana al sax, Stefano Senesi al pianoforte e la ritmica perfetta ed elegante di Lele Melotti alla batteria e Paolo Costa al basso... classe pura!
view post Posted: 23/8/2017, 11:08 "Io, in bilico sulle fragilità di oggi". Zerovskij scende nell’Arena - Renato Zero
"Io, in bilico sulle fragilità di oggi". Zerovskij scende nell’Arena

Roma, 21 agosto 2017 - "È più malvagio togliere la vita a chi vuole vivere o negare la morte a chi vuole morire?". Renato Zero spiazza tutti ancora una volta, affidando il più scomodo dei suoi interrogativi a “Zerovskij… solo per amore”, il kolossal teatrale che approda l’1 e 2 settembre all’Arena di Verona dopo un’estate sold-out in giro per l’Italia. Un musical dal sapore shakespeariano in bilico sulle fragilità dei nostri tempi, che non ha mancato di creare subbuglio tra i fan. E che irrompe nello scottante dibattito del fine vita.

La scena è una stazione immaginaria, ovvero la Terra; Zero è il capostazione. Qui Dio parla con la voce di Pino Insegno e Adamo ed Eva si aggirano in cerca del loro paradiso perduto con una smisurata schiera di trolley. L’orchestra filarmonica diretta da Renato Serio e 30 coristi sono chiamati a punteggiare con sonorità epiche, gli umori e i pensieri in musica di uno Zerovskij un po’ macchietta un po’ uomo delle stelle. E in mezzo Morte, Vita, Odio, Amore, Tempo umanizzati come nel teatro elisabettiano. «Quello di “Zerovskij” è un successo fondato sul passaparola» assicura lui. «La gente sapeva che stavolta in repertorio non c’erano “Il carrozzone” o “I migliori anni della nostra vita” e s’è affacciata con qualche titubanza, ma alla fine siamo riusciti a convincerla».

Merito pure dell’attualità dei temi.

"Sono sollecitazioni. Il monologo che faccio recitare alla Morte l’ho scritto pensando a mia madre. Una notte iniziai a parlarci in sogno e chiesi al Padreterno la grazia di trovarmela davanti quando avrei riaperto gli occhi. Fui accontentato, perché al risveglio era lì accanto al letto, ma andava rapidamente dileguandosi; feci appena in tempo a chiederle se avesse sofferto nel momento fatale e lei mi rispose “Renato, amore de’ mamma, io sono andata via molto prima di quanto pensi”. D’altronde, ricordo ancora che davanti ai suoi sudori freddi, allo strabismo nello sguardo, alla respirazione impercettibile ridotta quasi a un rantolo dei suoi ultimi giorni mi domandai: perché tutto questo? In certi casi un atto d’amore non andrebbe negato".

Il tema del fine vita e del testamento biologico sono tornati a scuotere le coscienze per il disegno di legge 1142 attualmente in discussione in parlamento.

"Far dire a Roberta Faccani, che in scena dà volto e parola alla gran consolatrice, che lei s’è messa d’accordo con le sue anime già prima di arrivare, significa mettere in crisi l’idea della macchina che ti tiene in vita anche quando tu non sei più lì. Ho fatto però in modo che questa morte fosse meno becera, meno ieratica e figlia di buona donna di come viene solitamente raffigurata, per trasformarla in una figura compassionevole che dice: quando voi andate via, a tenere la mano sulla fronte di chi non vuol più essere sono ancora io".

Umanizzare la morte aiuta a rasserenare gli animi?

"Se prendi l’Isis e fatti come quelli di Barcellona, ti accorgi che la morte è diventata uno spauracchio da agitare; il terrorismo trova terreno fertile in certi eventi non perché è più forte lui, ma perché siamo più deboli noi, che non abbiamo più quei valori che ci rendevano invincibili. Quando un tempo mettevamo assieme una famiglia, facevamo paura; tavole imbandite, magari con poco cibo, ma tanta voglia di condividerlo, erano manifestazioni di forza. Oggi non c’è più niente".

Con che animo si esce dal suo spettacolo?

"Ringrazio quelli che hanno cercato di comprendere la mia esigenza di non essere più, se mai lo sono stato, un juke-box. Con “Zerovskij” ho voluto straripare da certe regole del pop e dello spettacolo in genere per parlare di temi prepotentemente attuali. Primo fra tutti quello dell’abbandono (incarnato da Enne Enne, lasciato dai genitori su un vagone ferroviario, ndr) che merita un posto in cima alla lista delle mancanze, delle perdite, delle sconfitte di questa nostra società. Ognuno di questi ragazzini abbandonati su un gommone in balia del Mediterraneo è figlio nostro".

Cosa pensa di quelli che ci speculano sopra in politica o sui media?

"Sono persone che la comunità non bandisce sufficientemente. E questo comporta che, non avendo riscontri ai loro doli, persistano poi nelle azioni creando i presupposti per un’anarchia triste. E pericolosa".

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view post Posted: 12/8/2017, 15:05 Ecco gli Sneet, i nuovi single Né fidanzati, né a caccia, né in flirt - Attualità
Ecco gli Sneet, i nuovi single
Né fidanzati, né a caccia, né in flirt


Gli italiani soli sono quasi 8 milioni e sono aumentati del 41% rispetto a 10 anni fa
I motivi sono tanti, ma tra loro c’è anche chi sceglie di non cominciare nemmeno
a cercare una nuova relazione. Sono felici? Dipende


di Candida Morvillo

L’amore riguarda tutti. Anche chi l’ha perso. Anche chi non l’ha ancora trovato. È un luogo dove senti che “in due e meglio” e appartiene anche a noi single che un amore non l’abbiamo. Per noi, è il luogo dell’attesa e può essere un bel posto. Non me ne vogliano quelli che preferiscono stare in coppia, anche se ci stanno male, anche se ci si annoiano. Stando a un’analisi della Coldiretti sul censimento Istat 2015, i single italiani sarebbero quasi sette milioni e 700 mila, il 41 per cento in più rispetto a dieci anni fa. Aumentiamo di anno in anno.

Invecchiamo soli, di anno in anno. La singletudine è sempre meno una condizione transitoria. E sono sempre di più le persone che non fanno nulla per cercare l’amore. A voler parafrasare l’acronimo Neet – quello sui giovani che non studiano, non lavorano, non cercano un impiego, che sono Not in Education, in Employement, in Training – sta crescendo la popolazione degli Sneet: Single Not in Engagement, in Expecting, in Toying. Più o meno: né fidanzati né a caccia né in flirt. Una folla che preferisce una serie tv o un libro sul divano piuttosto che una festa dove «vieni, che c’è un sacco di gente nuova».

Dicono quelli di «buon senso» che, ad aspettare il partner giusto, si rischia di chiudersi in una corazza. Ma i single coriacei, gli Sneet, non li ascoltano, sono estremi, non danno chanches al destino. Sono capaci di non concedere neanche un primo caffè. Anche per gli Sneet «in due è meglio» ma solo se l’altro gli aggiunge qualcosa.

«L’altro» da qualche parte ci sarà, ma è un Pokémon raro, uno Zapdso o un Mewtwo che riconosci al primo sguardo o pazienza. La svolta è capire che si può essere single accortamente aperti a qualche evenienza. Per farlo, è utile sfatare il mito dell’autosufficienza di cui facilmente gli Sneet sono affetti. Più stai bene da solo, meno fai entrare qualcuno. L’altro è una seccatura, sono le sue scarpe abbandonate nel mezzo del nostro ordinatissimo salotto, sono i suoi problemi che diventano i nostri, quando noi siamo invece bravissimi a risolverci i problemi da soli.

Essendo stata un po’ Sneet, posso testimoniare che l’autosufficienza comporta manie di perfezionismo e di autocontrollo. A lungo, la sera, mettendomi a letto, facevo il mio esame di coscienza e puntualmente mi dicevo che avevo sbagliato qualcosa io. Valeva su tutto. Potevano mettermi sotto sulle strisce mentre passavano con il rosso (è successo) ed ero io che non avevo guardato. Capite che, a pretendere tanto da se stessi, si finisce per pretendere troppo da chiunque. E per allontanare chiunque. Poi, in uno dei giorni della mia fiera singletudine, mi sono imbattuta in Brené Brown, che è una sociologa americana diventata una star per i suoi studi sulla vulnerabilità.

La vulnerabilità, per me, era una parolaccia. Perché sei vulnerabile quando sei fragile, debole, e io invece volevo essere forte, avere tutto sotto controllo, non aver bisogno di niente e di nessuno. Sarà un fatto generazionale, ma volevo essere Wonder Woman. Io, se uno mi piaceva perché era dolce, lo bloccavo su Whats App, perché il bisogno di dolcezza era una debolezza che non dovevo permettermi. E se uno amava oziare la domenica, lo cassavo, perché la pigrizia era una debolezza imperdonabile. La vulnerabilità era il mio personale baratro ed era fatale che ne sentissi la fascinazione. Mi ci sono immersa e ho capito che, se non l’accetti, uscendo da quella smania di autocontrollo, non puoi avvicinarti davvero a un’altra persona, non puoi consentire all’altro di avvicinarti. Puoi solo essere giudicante, non puoi arrivare nemmeno al primo caffè. Ho capito che dire «io mi basto da sola» è un modo per non aver bisogno dell’altro. Per non temere di esserne ferita.

È la famosa «corazza» di cui tanti parlano, forse non per sentito dire. Far pace con la vulnerabilità è il primo passo per uscire da certe singletudini ostinate. Ma è il primo di molti. Perché, poi, l’amore è fare di due uno. È fare di quell’uno un «due» dalla forza moltiplicata all’ennesima potenza. L’amore è amare nell’altro quello che non sono, ma posso essere. E, viceversa, l’amore è lui che ama in me quello che può diventare. L’amore è farsi un uno in divenire. «In due è meglio» quando tu aggiungi qualcosa all’altro e lui aggiunge qualcosa a te. Noi single del mondo non sempre c’incontriamo perché uscire dall’individualismo spaventa. Perché, quando ti fai uno insieme a un’altra persona, rinunci per forza a qualcosa. Devi entrare e uscire da te stesso, guardarti da fuori, perdere qualcosa, ma è il modo più straordinario per ritrovarsi migliori. Ed è un gioco bellissimo, a volerlo giocare.

Font: http://www.corriere.it/cronache/sesso-e-am...l?refresh_ce-cp
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