Posts written by Xander Ares

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    C'era una volta un orco chiamato Rompietro che odiava il re del regno in cui viveva, perché secondo lui i nobili erano tutti ladri che derubavano i poveri orchi dei loro spuntini di bambini grassottelli.
    Un giorno decise di fargliela pagare e rapì la principessa, come riscatto chiese il trono del re, perché una volta diventato signore del regno si sarebbe potuto fare tutte le spanciate di bambini che voleva.
    Il re però non voleva darla vita a un lestofante come Rompietro e ordinò un bando per cercare un eroe che fermasse la malvagità dell'orco.
    Così in ogni angolo del regno i messi lessero il bando a gran voce: - chi troverà e libererà lo principessa potrà in premio chiedere lo sua mano. -
    A sentire il bando c'era anche un taglialegna, con la scure era il più abile di tutto il regno e perciò tutti lo chiamavano Fortebraccio. Sentita la notizia corse a casa a prepararsi per partire alla ricerca della principessa.
    La sua vecchia zia vedendo tutto di fretta gli chiese: - Fortebraccio dove vai? -
    - Vado a salvare la principessa rapita dall'orco Rompietro. -
    - Ma gli orchi sono feroci, ti puoi far male. -
    - Sono o non sono Fortebraccio, con la mia scure in mano non ho niente di cui aver paura. -
    - E come lo troverai? Non sai nemmeno dove vive. -
    Il taglialegna la guardò sbigottito, sua zia aveva ragione non sapeva dove l'orco viveva, ne come trovarlo.
    - Se vuoi ti posso dire dove può aver portato la principessa, ma dovrai dimostrarmi di aver le qualità per questa impresa superando tre prove. Se nelle prove tu fallirai però promettimi che non partirai. -
    Fortebraccio accetto sicuro di e la zia lo portò a una cascata dicendo: - Tuffarti da questa alta cascata per provare che hai il coraggio necessario ad affrontare Rompietro. -
    Il taglialegna senza esitare prese una lunga rincorsa e armandosi di una grande dose di coraggio, scattò; quando arrivò sull'orlo della cascata prese tutte le sue forze e saltò compiendo un volo spettacolare per finire nelle acque in fondo alla cascata.
    La zia vedendo che era tutto intero sorrise.
    - Bravissimo, il coraggio non ti manca. Ora dovrai dimostrarmi che sei furbo, e per farlo dovrai catturare una volpe vincendolo in furbizia. -
    Subito Fortebraccio corse a una tana di volpe che aveva visto giorni prima, dove bruciò un po' di foglie vicino all'entrata in modo che il fumo inondasse la tana e mise un sacco davanti alla tana. La volpe non riuscendo più a respirare corse fuori dalla sua tana tossendo, con gli occhi chiuse dal gran lacrimare non si accorse si infilarsi da sola nel sacco.
    Il taglialegna subito strinse il sacco e la portò da sua zia.
    - Bravo nipote mio! Ma l'ultima prova sarà ben più difficile, devi uccidere un orso per dimostrare che sei forte abbastanza per combattere un orco. -
    Il giovane uomo si mise a cercare per giorni un orso finché non ne trovò uno vicino al fiume. L'animale che lo assalì appena lo vide, Fortebraccio si preparò a colpire con la sua fidata scure, ma l'orso gli diede un colpo con gli artigli che scagliò l'arma lontano. Per fortuna il taglialegna aveva alla cintura un coltello con cui trafisse l'occhio dell'orso con tutta la sua forza; un gran ruggito si levò e in un battito di ciglia la belva cadde a terra in un lago di sangue.
    Quando la zia seppe dell'imprese accettò che il nipote partisse e mantenne la promessa aiutandolo.
    - Vai alla grotta del diavolo è lì che Rompietro porta le sue vittime, ma stai attento ai suoi feroci mastini che fanno la guardia alla grotta. - Così dicendo tirò fuori di tasca una scatolina. - Prendi e quando gli vedi aprila e loro non ti faranno alcun male. -
    Fortebraccio accettò il dono e ringraziando la zia s'incamminò. In poco tempo era arrivato su una montagna altissima dove si trovava la grotta e vide degli enormi mastini a guardia, grandi il doppio di lui, con i denti appuntiti come spade.
    Ricordandosi della scatolina si avvicinò lentamente aprendola e i mastini iniziarono a sembrare strani, in breve iniziarono a grattarsi e rotolarsi per terra senza curarsi di ciò che gli era intorno; la scatolina era piena di pulci che subito erano saltati sui grossi animali per pizzicargli.
    Il taglialegna approfittando della loro distrazione entrò di soppiatto e trovò la principessa in catene.
    - Messere svelto, - disse la fanciulla, - l'orco non c'è toglietemi le catene prima che torni. -
    Non se lo fece ripetere due volte il prode Fortebraccio che con un colpo della sua fidata scure spezzò le catene, e con la principessa scappò via senza far rumore.
    Il re vedendolo arrivare con sua figlia volle subito premiarlo dandogli in sposa la fanciulla, ma il taglialegna rifiutò dicendo: - Sire, l'orco Rompietro può ancora rapire la principessa, se vogliamo vivere felici devo prima ucciderlo. -
    - D'accordo! - rispose il re e donò a Fortebraccio il cavallo più veloce delle sue stalle, perché giungesse in fretta dove si nascondeva l'orco.
    Per giorni, settimane e mesi il taglialegna cercò per il regno l'orco, finché un giorno in una radura trovò una capanna di legno con le pareti tutte piene di buchi a causa dei tarli. Guardò attraverso un buco e vide il Rompietro che stava per cucinare un bambino grassottello.
    Dove il muro era più rovinato piano, piano spezzò il legno per creare un foro abbastanza grande da entrare di soppiatto. Mentre l'orco era impegnato lo raggiunse alle spalle e con un colpo di scure gli spaccò la testa, uccidendolo senza neanche dargli il tempo di difendersi. Così liberò il bambino, e, quando tornò dal re, il sovrano aveva già saputo dell'impresa e preparò in fretta e furia il matrimonio.
    La principessa e Fortebraccio si sposarono e insieme governarono il regno saggiamente.

    Edited by Xander Ares - 8/11/2021, 17:45
  2. .
    Stavamo camminando per la strada solo io e lui quando alzai gli occhi per vedere la pioggia ridente precipitare oltre la luce. Ridevamo e scherzavamo su vecchie esperienze che avevamo condiviso. Lui si fermò e tenendomi teneramente la mano si fece vicino a me abbracciandomi. Sentendo il suo corpo stretto al mio sapevo che lui era mio, per sempre e oltre. Si chinò per dire qualcosa, ma io ero persa nei suoi occhi di zaffiro. Finalmente mi ridestai quanto basta per sentire quello che diceva: - Baciami ... - sussurro la sua voce ora così forte e dolce.
    - Baciami... -
    La mia mano sfiorò i suoi capelli biondi, mentre lui mise la sua sulla mia nuca che cominciò lentamente a chinarsi. Ho chiuso gli occhi prima di sfiorare le sue labbra morbide...
    La scena cambiò improvvisamente. Invece di essere tra le sue braccia, stavo correndo verso l'angolo di strada, sotto il lampione dove l'avevo lasciato. Proprio lì, sotto la fredda pioggia battente. Corsi verso di lui cercando di urlare: - Mi dispiace, mi dispiace! -, ma non venne fuori niente.
    Le sue ultime parole riecheggiavano nella mia testa: - No, no questo non può accadere!! NO! -
    Lo rivedo che fece un passo indietro mentre mi avvicinavo e lui quasi in risposta alla mia presenza.
    - Ti amo, Natalia. Non dimenticare mai che... - Il suono del tamburo di una pistola esplode nella mia testa. Guardo fuori, io non lo vedo, non ora. Quando finalmente guardo indietro vedo che i suoi capelli biondi sporchi sono diventati di uno scarlatto opaco, e, i suoi occhi hanno assunto uno spento colore grigio. Scuoto la testa: - No. NO! -
    Sto urlando di nuovo, ma le mie parole sono ancora sovrastate dalle lacrime. Le lacrime nascoste dalla pioggia ora silente. Non riesco a distogliere lo sguardo, non posso smettere di pensare al suo viso: la pelle pallida e quello sguardo perso nel vuoto. Chiudo gli occhi e semplicemente mi siedo lì, poso la testa nel suo grembo e attendo che il dolore si assopisca un po'. Quando infine chiudo gli occhi per l'ultima volta la sua vita si conclude ufficialmente, così il mio sogno.

    Edited by Xander Ares - 7/11/2021, 13:01
  3. .
    Nello zoo cittadino il custode, assai distratto, si scordò di richiudere la porta di una gabbia solitaria.
    Lì viveva il vorace coccodrillo, che vedendo le sbarre aperte se ne uscì quatto quatto.
    Sulla era assai lento, tanto da sembrare fermo ai visitatori dello zoo che lo presero per una statua e non fecero alcun commento. Così il rettile mostruoso, dallo zoo uscì tranquillo nascondendosi nelle fogne.
    Quella sera all'imbrunire, per lo zoo la ronda fece il custode negligente, che scoprì l'assenza del terribile animale.
    Giornali, radio e televisione il giorno dopo allarmarono la gente, dovevan stare in casa per non essere attaccati dalla belva sanguinaria.
    Nei quartieri d'ogni dove i ragazzi sfortunati non poterono giocare fuori, solo alla finestra potevan stare.
    Nel quartier Tal dei Tali, non si vedevano più partite di pallone, ne saltare alla corda o aquiloni volare. I ragazzi erano tristi quando il piccolo Gigetto ne raccolse il più possibile sulle scale del palazzo.
    - Qui se non si trova il coccodrillo non usciremo mai più a giocare. - disse grave il ragazzetto.
    Gli amici ben sapevano che Gigetto aveva un gran cervello e lo stettero ad ascoltare.
    - Questa notte, - riprese a dire - tutti quanti dovremo uscire, di nascosto dai genitori andremo in piazza con i lenzuoli. -
    - Ma in piazza dicono che c'è il coccodrillo. - spaventata disse Giusi.
    - Non temete ho un gran piano per sconfiggere la belva. -
    Quella notte dalla gran torre l'orologio batté la mezzanotte quando il coccodrillo uscì dal suo nascondiglio in cerca di qualcosa da sgranocchiare. Cosa vide però d'un tratto, era un essere mostruoso alto più delle giraffe con un corpo lungo e tutte gobbe che lo fissava in modo stran.
    - Oh, oh, oh, ma cosa abbiamo qui una bella grassa lucertola da sgranocchiare. - disse con voce cavernosa il misterioso gigante e fece per allungare il lungo e magro braccio con degli enormi artigli d'acciaio.
    Il coccodrillo non avea mai visto un si fatto essere e spaventato corse a chiudersi da solo nella gabbia dello zoo.
    Il titano assai strano era solo un allegro trucco, sotto un mucchio di coperte legate insieme erano i ragazzi del quartiere, un sull'altro per sembrare più alti e in cima Gigetto con un mascherone di cartapesta. Due bei rastrelli eran le braccia dai terribili artigli, e la voce cavernosa era Poldino con il raffreddore che parlava in un imbuto.
    Così con un po' d'astuzia la città tornò tranquilla e i Gigetto e suoi amici poterono tornare a giocare all'aperto.

    Edited by Xander Ares - 6/11/2021, 18:22
  4. .

    La lucciola pigrona
    e altre storie di insetti

    di
    Xander Ares



    La lucciola pigrona
    Una sera in bel campo di cavolfiori comare Lucciola era in cerca di un posticino tranquillo per desinare e schiacciare un pisolino...

    La formica fornaia
    Mentre girava qua e là in cerca di cibo, una formichetta trovò un chicco di grano...

    Grande festa all'alveare
    Nel piccolo alveare ai margini del bosco c'era grande fermento: tutte la api si stavano preparando ad un giorno di festa...

    Il moscerino moribondo
    Un moscerino mentre girava intorno a cavallo fu colpito dalla coda del destriero finendo ai piedi di un albero senza neanche la forza di rialzarsi...

    Lista delle favole | Biblioteca



    Edited by Xander Ares - 5/11/2021, 16:38
  5. .
    Si dice che nei deserti di pietra fiorisca ancora una rosa, ma i suoi petali non sono scarlatti, e dal suo cuore non fluisce profumo. Nessuno può possedere neanche la luce della rugiada che su essa si posa poiché essa nacque dalle lacrime di una dea. Ogni uomo nella sua vita fa piangere innumerevoli donne, ma solo uno si poteva vantare di aver fatto versare lacrime a una fanciulla divina, il suo nome era Aran Kajn e questa è la sua storia. Tutto iniziò nelle antiche ere in cui nacque la leggenda poiché la storia non arriva così lontano, Aran era un guerriero dell'antico continente di Kopraà, la terra allora formata dall'unione di quella che noi chiamiamo Australia con l'Antartide. La razza che viveva allora in quelle terre era diversa da quella dei nativi odierni, gli uomini erano alti e possenti con capelli simili a fiamme e occhi neri come la notte, le donne più piccole in statura avevano però una corporatura atletica e armoniosa che esaltava il fascino dei loro occhi di ossidiana. Venne il tempo però in cui nacque nella città di Jitar una bambina diversa da tutte le altre e più cresceva, più la sua diversità era evidente, cresceva più alta e slanciata delle sue coetanee, i suoi capelli non erano simili a fiamme, ma al dolce miele, i suoi occhi non erano di tenebra lucente, ma vasti prati bagnati dalla rugiada del mattino. La gente era sempre più timorosa nei suoi riguardi e cominciò a temere che fosse stata maledetta e che perciò la sfortuna aleggiava sulla città per colpa sua. Così la fanciulla crebbe isolata da tutti, ma più la gente sembrava rifuggirla più lei diveniva bella e aggraziata nei movimenti, gli uomini di Jitar presto furono combattuti tra l'attrazione che provavano per lei e la paura della maledizione.
    La cosa non sfuggì all'occhio benevolo della regina Maeb che regnava sulla città, così chiamò a se il più forte dei guerrieri ai suoi comandi: Aran Kajn. Era un uomo dell'aspetto straordinario, era alto quasi due metri e venti e suoi capelli di fuoco scendevano dal capo fino a lambire l'osso sacro, la sua pelle era abbronzata dal sole e il suo viso senza barba scolpito dalla rudità degli elementi, nessuno sapeva quanti anni avesse e c'era chi dubitava che anche lui conoscesse la sua età.
    - Aran voglio affidarti un compito di estrema importanza. -
    - Contate pure sulla forza del mio braccio regina Maeb. -
    - Tu conosci la fanciulla di nome Shamars? -
    - La ragazza dai capelli dorati. Dicono che la sua beltà rivaleggi con la vostra. -
    - Si è vero, ma la gente teme la sua bellezza come aspira alla mia. Ho fatto un sogno Aran, la gente impazziva e uccideva Shamars e gli dei perciò ci punivano infinite volte, ella non è maledetta, ma scelta da esseri superiori, perciò tu l'accompagnerai in un viaggio fino al tempio sacro di Teras dove sapranno cosa fare di lei. -
    Così i due strani viaggiatori partirono al successivo levarsi del sole e iniziarono il loro viaggio attraverso deserti e foreste e giungle cercando un tempio di cui nessuno conosceva il luogo in cui sorgeva.

    Edited by Xander Ares - 5/11/2021, 15:40
  6. .
    L'occhio di Marutena
    Il curatore di un'asta trova un cimelio che cattura la sua attenzione.

    ?!?
    Passeggiando vicino al mare la voce di un anziano ti chiama...

    Cieche visioni
    Un povero mendicante cieco è più di ciò che sembra.

    Il cartello
    "Il luogo in cui si può trovare Dio" si leggeva su un cartello in plexiglas posto accanto al portone di un fatiscente palazzo costruito nel dopoguerra.

    La scelta del caso
    La scelta dal caso, Un computer dovrà scegliere a caso l'uomo più importante di una nazione.

    Natività da due centesimi
    Un angelo venne a parlarmi.

    Rapsodia blue notte
    Guardando oltre gli occhi di una donna.

    L'ultima eclisse
    L'ironia del giorno più buio.

    Segreti
    Rosso sangue che vela le mani di mille morti causate da un solo peccato.

    La notte e il destino
    Lo spirito della notte ci sfiora mentre apprendiamo dalle pagine del destino.

    Il figlio del drago
    Il primo cavaliere di Lan deve proteggere la donna da cui dipende la vita del mondo.

    Colei che cerchi oltre il destino
    Il destino di un uomo cambia in maniera inconcepibile.

    Il nono giorno
    La genesi continua.

    Vendetta
    La particolare vendetta di un'amica tradita.

    Buon vicinato
    L'errore nel non pensare che un'idea ti si possa ritorcere contro.

    Solo
    Storia di fantasmi minima.

    Chatroom routine
    Un racconto di quando si abbordavano le ragazze nelle chatroom.

    SMS in love
    Quando degli SMS possono complicare una relazione.

    Buon anno scrivano
    La vita di uno scrivano l'ultimo dell'anno.

    L'operazione
    Un uomo prende una decisione su un'operazione che cambierà la sua vita.

    La città
    Un vecchio ricorda il passato glorioso della sua città.

    Il colloquio
    Vi viene proposto un impiego nella città di Gulgalta, il luogo in cui non riposano i morti.

    Edited by Xander Ares - 7/11/2021, 12:01
  7. .
    Un moscerino mentre girava intorno a cavallo fu colpito dalla coda del destriero finendo ai piedi di un albero senza neanche la forza di rialzarsi. Rimase immobilizzato sull'erba per alcuni giorni, nessuno era passato di lì per aiutarlo, oramai, si trovava allo stremo delle forze a causa delle ferite e del forzato digiuno.
    Anche la sete lo tormentava, per via della febbre; finalmente una mattina passarono di lì una mosca, una vespa e una zanzara.
    - Amici miei, portatemi un sorso di acqua che sto morendo, medicatemi le ferite e datemi qualcosa da mangiare... - supplicava il moscerino.
    - Subito cugino mio! - fa la mosca - vado a prenderti dell'acqua! -
    - No! - fa la vespa - Bisogna prima medicargli le ferite e poi darle da bere: non vi pare? -
    - Non sono d'accordo! - disse la zanzara - Se noi gli diamo prima da mangiare, il sangue si rinforzerà e le ferite si rimargineranno da sole! -
    - Decidetevi su quello che dovete fare! - implorava il povero moscerino.
    - Io insisto nel fatto che si debba prima darle da mangiare, per infondere al nostro amico un po' di forza: vado a prendere un po' di frutta! - esclamò la zanzara.
    - Macché frutta! - interrompe la mosca - un po' di cacca ci vuole! Nutre e medica; vado io a cercarlo tra la spazzatura. -
    - Non dite sciocchezze! Se volete che Moscerino si rinforzi, è necessario dargli un po' di carne putrida. -
    - Mi stupisco di te, Vespa! Io sta dalla parte della Mosca, a patto, però, che il marciume sia cotto! -
    - Infatti soltanto un buon decotto di marciume può fugare la febbre! - confermava la mosca.
    - Va bene; sono d'accordo anch'io! - disse la vespa. - Tuttavia, siccome la proposta del decotto di marciume non è partita da me, ma dalla Mosca... con l'emendamento della Zanzara vorrei che si stendesse il verbale per la responsabilità che i singoli si devono assumere... sediamoci e firmiamo!... -
    - Prima firma tu! Poi firmerà la Zanzara e infine firmerò io! - disse la mosca alla vespa.
    - Niente affatto! Per primo io non firmo! Firmi la Zanzara che ha voluto il marciume cotto! -
    - Io? Ma cosa vuoi che mi importi del Moscerino! Dategli il marciume e che s'arrangi! -
    - Giusto! - approvò la vespa - Io sono d'accordo! -
    - Mosca, tu che sei suo parente va a raccogliere il marciume e non se ne parli più! -
    - Parente sì, ma non fino a questo punto! -
    Quando i tre si voltarono per volare via, il moscerino era già morto da un pezzo.
  8. .
    All'epoca della conquista delle Isole Canarie da parte del Regno di Castiglia, sull'Isola di Tenerife si trasferì la ricca famiglia dei Lercaro, costruì un palazzo che prese appunto il nome di Casa Lercaro.
    La famiglia viveva nel palazzo da poco ultimato, insieme ai domestici che vi lavoravano, quando Catalina, l'unica figlia di Antonio Lercaro, raggiunse quella che per l'epoca era considerata l'età da marito; per questo i genitori cominciarono a mettersi alla ricerca di un futuro consorte per la ragazza.
    All'epoca i sentimenti degli sposi erano tenuti in relativa considerazione al momento di contrarre un matrimonio, e i Lercaro erano alla ricerca di un partito che avrebbe potuto accrescere il nome e le sostanze della famiglia. Così la scelta ricadde sul Capitano dell'Isola di Tenerife, un uomo ricco e facoltoso, e il suo fidanzamento con Catalina venne ufficializzato in poche settimane.
    La notizia si diffuse rapidamente in tutta Tenerife, sarebbe stata un'unione che avrebbe portato notevoli vantaggi a entrambe le parti.
    In Casa Lercaro tutti iniziarono ad affaccendarsi per i preparativi dello sposalizio; la preparazione del corredo e dell'abito da sposa, della festa di nozze, e doni, gioielli e fiori giungevano a ogni ora del giorno e della sera al palazzo la cerimonia sicuramente sarebbe stata delle più sfarzose.
    L'atmosfera era allegra e festosa, ma ben presto un'ombra di tristezza e nervosismo calò su Casa Lercaro, rendendo i preparativi più sbrigativi e meno gioiosi: quell'ombra era stata gettata da Catalina stessa.
    La futura sposa era al centro delle attenzioni di tutti in quello che doveva essere il suo periodo più bello, ma nessuno aveva pensato di chiedere il parere di Catalina sullo sposo che era stato scelto per lei.
    Il capitano di Tenerife era ricco, ma anche molto più vecchio di lei. Catalina provava un assoluto disprezzo per l'uomo, perché era un noto commerciante di schiavi senza cuore.
    La ragazza parlò coi suoi genitori dei suoi dubbi sullo sposo, però suo padre e sua madre pensarono che era solo paura per l'importante passo che stava per compiere. Non riuscendo a convincerli la povera pianse, supplicando e arrivando anche a minacciare di farsi del male, se non avessero sciolto il fidanzamento. Il padre pensando che fossero meri capricci della figlia non aveva intenzione di cedere, mandato a monte un matrimonio così conveniente.
    I preparativi proseguirono, e Catalina si sentiva sempre più disperata, con i giorni che si avvicinavano alla data della cerimonia tutto ciò che poteva fare era chiudersi nella sua stanza e piangere in solitudine.
    Alla viglia delle nozze, durante la prova del suo abito da sposa, la giovane in lacrime corse a chiudersi in camera sua. Gettatasi sul suo letto si disperò nel suo pianto, ma non si era addormentata, a notte fonda, con ancora addosso l'abito da sposa, uscì dalla sua stanza per cercare di scappare di casa. Senza prendere nulla con sé, Catalina corse lungo il corridoio fino a raggiungere la porta d'ingresso, dove solitamente si trovavano anche le chiavi. Tuttavia le chiavi erano sparite, suo padre intuendo che avrebbe potuto tentare la fuga, le avevano nascoste.
    La fanciulla sentì infrangersi anche la sua ultima speranza, e in preda alla disperazione, scese le scale di pietra che conducevano al patio nell'oscurità e nel silenzio del palazzo addormentato. Con il cuore pesante si affacciò oltre il bordo del pozzo al centro del cortile, chiuse gli occhi e si gettò dentro facendo solo un rumore attutito che non svegliò nessuno.
    Dopo l'alba la cuoca si recò al pozzo per prendere l'acqua, e si accorse che qualcosa bloccava il passaggio del secchio, si sporse per guardare all'interno per urlare dall'orrore. Aveva visto il corpo senza vita di Catalina galleggiare sulla superficie dell'acqua, con gli occhi rivolti verso il cielo.
    La macabra notizia si diffuse rapidamente e ben presto tutta l'isola venne a sapere che si era trattato con ogni probabilità di un suicidio, un grave peccato mortale, perciò non poteva essere seppellita in terra consacrata.
    I genitori della ragazza disperati cercarono in ogni modo di convincere il vescovo a dare le esequie alla loro figlia e seppellirla nel cimitero cattolico; il prelato tuttavia rifiutò, era troppo grave la colpa della fanciulla. Così Antonio Lercaro e sua moglie furono costretti a tumulare la bara di Catalina in una tomba anonima e sconsacrata, in un angolo del cortile di Casa Lercaro.
    Il corpo della giovane non fu l'unica cosa di lei a rimane nel palazzo, pochi giorni dalla sua morte, domestici della casa iniziarono a essere svegliati nel cuore della notte da rumori mai uditi prima: i passi di qualcuno che correva lungo il corridoio, pianti e singhiozzi in diverse stanze della casa, il rumore dei flutti dell'acqua, come se qualcosa fosse caduto all'interno del pozzo.
    Presto anche i genitori della ragazza iniziarono a sentire il fantasma di loro figlia tornata dalla tomba.
    La famiglia Lercaro spaventata dalla presenza decise di lasciare il palazzo per trasferirsi in un'altra zona dell'isola, mentre ancora oggi c'è chi giura di aver visto di notte una figura vestita con un abito da sposa aggirarsi per le stanze di Casa Lercaro. È lo spettro di Catalina rimasto intrappolato nella casa, e dalla quale cerca ancora, invano, di fuggire.
    di Xander Ares

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    Lista dei racconti | Biblioteca



    Edited by Xander Ares - 1/11/2021, 16:56
  9. .
    Per festeggiare Halloween ecco a voi una piccola raccolta di tredici tra leggende, racconti horror e del mistero.
    E se non vi dovessero bastare potete sempre ripescare Storie di Halloween, la raccolta dello scorso anno.
    Buona lettura e buon Halloween a tutti!

    1. Jack O'Lantern
      Un tempo c'era in Irlanda un fabbro di nome Jack astutissimo che era un famoso ubriacone, ma anche un terribile taccagno ed ogni giorno sfruttava la sua astuzia per farsi offrire da bere dagli altri...

    2. La circolare
      Il cielo era ormai buio, e, alla fermata del autobus vicino al cavalcavia. Anita guardava i messaggi sul suo smartphone mentre aspettava la circolare...

    3. Lo spaventapasseri
      C'erano in Arizona due fratelli di nome Enos e Cletus che gestivano una fattoria...

    4. L'agenda smarrita
      In una calda ma piovosa serata di fine estate un ragazzo si trovava in un locale, il Rio Bo di Gallipoli...

    5. Il messaggio di Kathy
      Sheyla guardava il suo cellulare sorpresa, aveva ricevuto un messaggio da Kathy, ma Kathy era morta settimane fa...

    6. L'infermiera
      Un uomo scendeva lungo la discesa in sella alla sua vecchia bici, come faceva ogni mattina per andare al lavoro...

    7. L'uncino
      Era buio sulla strada appartata che era stata soprannominata dai giovani il viale degli innamorati...

    8. L'odore della morte
      Dopo aver trascorso mesi a lavorare in un villaggio vacanze Jerry era finalmente tornato nel suo appartamento, quando però aprì la porta d'ingresso...

    9. La principessa egiziana
      Tempo fa la mummia di una principessa egiziana rimossa dalla sua tomba e portata in Inghilterra da una spedizione di archeologi inglesi...

    10. Il diavoletto
      June non si aspettava che avere un figlio fosse così difficile, non aveva mai un attimo di riposo...

    11. I passi dietro di loro
      Era una calda giornata di luglio, il caldo torrido era insopportabile, due amico per sfuggire alla calura decisero di ripararsi a l'ombra degli alberi di un antico cimitero...

    12. La cosa che vive al piano di sopra
      Dopo la morte del nonno, il piccolo Franz e la sua famiglia decisero di trascorrere alcune settimane nella vecchia baita di famiglia...

    13. Catalina
      All'epoca della conquista delle Isole Canarie da parte del Regno di Castiglia, sull'Isola di Tenerife si trasferì la ricca famiglia dei Lercaro...


    Lista dei racconti | Biblioteca



    Edited by Xander Ares - 1/11/2021, 12:27
  10. .
    Dopo aver trascorso mesi a lavorare in un villaggio vacanze Jerry era finalmente tornato nel suo appartamento, quando però aprì la porta d'ingresso un tanfo terribile lo avvolse. Era assai peggio di una normale puzza, un odore peggiore di quello delle fogne, qualcosa che ti entra nel naso, rimbalza in gola e continua su e giù e non vuole saperne di andarsene.
    L'istinto di Jerry gli diceva che qualcosa doveva essere morto lì dentro. Chiamò subito la polizia, che in risposta al problema dell'odore pungente arrivò ore dopo, quando non c'era niente d'insolito nella stanza. La puzza era svanita, come se non fosse successo niente.
    Gli agenti comunque perlustrarono il quartiere chiedendo in giro, alla fine se ne andarono infastiditi senza aver concluso nulla, promettendo di mandare qualcuno del comune a ispezionare le caditoie pluviali.
    Passarono alcuni giorni senza che accadesse nulla, poi la puzza tornò, anche se questa volta non era così forte come la volta precedente. Jerry sentiva l'odore passare attraverso il suo naso, ma ogni volta che pensava a chiamare qualcuno ricordava l'esasperazione dipinta sui volti dei poliziotti e dei vicini interrogati.
    Anche gli ispettori del comune avevano detto che non c'era niente di strano con le caditoie.
    Non sapendo che fare Jerry scelse di aspettare e vedere se l'odore spariva di nuovo da solo, ma con il passare dei giorni quella puzza orribile aumentava!
    Una notte mentre si rigirava nel letto, l'odore acre divenne così forte che Jerry non riusciva ad addormentarsi, ma nemmeno ad aprire gli occhi lacrimanti! Fu allora che sfiorandosi con le dita la fronte senti una sostanza viscida su di lui.
    Sforzandosi di tenere gli occhi aperti vide un liquido nero colare dal controsoffitto sopra il suo letto.
    Il giorno dopo facendo controllare trovarono un uomo morto nascosto lì. Era un ladro entrato mentre era via che probabilmente si era nascosto nel controsoffitto, quando il portiere era entrato per portare un pacco. Purtroppo per lui era rimasto incastrato morendo di stenti.
    Jerry entrando aveva arieggiato disperdendo la puzza, ma nei giorni successivi si era riaccumulato mentre i liquidi della putrefazione avevano trovato la loro strada tra i panelli del controsoffitto.
    di Xander Ares

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    Edited by Xander Ares - 1/11/2021, 16:52
  11. .
    Un tempo c'era in Irlanda un fabbro di nome Jack astutissimo che era un famoso ubriacone, ma anche un terribile taccagno e ogni giorno sfruttava la sua astuzia per farsi offrire da bere dagli altri.
    I suoi imbrogli truffaldini avevano però un estimatore; il diavolo in persona. Quando giunse il suo tempo di morire e di cedere la sua anima da peccatore al diavolo, il satanasso si presentò a Stingy Jack di persona, pronto a scortarlo all'inferno proprio nella notte della vigilia di Ognissanti.
    L'ubriacone non si scompose più di tanto e chiese di potere bere un'ultima pinta di birra, il diavolo non si oppose e così i due si recarono al pub più vicino.
    Bevuta però la pinta Jack si lamentò del fatto che non aveva nemmeno un soldo per pagare la consumazione, così propose al satanasso di tramutarsi in una moneta da sei pence in modo da pagare il conto gabbando l'oste.
    Il diavolo apprezzò l'idea e si trasformò in una moneta, ma appena avvenuta la metamorfosi Jack prese la moneta, la chiuse nel suo borsellino e pagò il barista con un'altra moneta che aveva in tasca.
    Nel borsello era conservato un piccolo crocefisso in argento che impediva al maligno di riprendere la sua forma, irrimediabilmente imprigionato il diavolo dovette promettere di non tornare a riscuotere l'anima Jack per dieci anni per riavere la propria libertà.
    Il tempo passò e i dieci anni trascorsero, alla vigilia di Ognissanti, mentre il fabbro camminava ritornando a casa, gli apparve il diavolo che era tornato a prendersi la sua anima.
    Jack disse di essere pronto a morire, ma vedendo lì vicino un albero carico di mele gli chiese, come ultimo desiderio prima di seguirlo di cogliere un ultimo frutto da mangiare prima di morire.
    Lo scaltro fabbro però ormai aveva una certa età e non poteva più arrampicarsi su un albero, perciò chiese al diavolo di salire lui sulla pianta a prendergli un bel frutto succulento, il satanasso, per tagliar corto, acconsentì e si arrampicò sull'albero.
    Quando Jack lo vide salire, rapidamente, incise sul tronco dell'albero una croce e che imprigionava il diavolo tra i rami.
    Beffato nuovamente il maligno era furibondo, ma l'uomo era stato più furbo di lui; non poté far altro che patteggiare ancora.
    Jack chiese che la sua anima non sarebbe mai stata reclamata dall'inferno, in cambio avrebbe cancellato la croce incisa sull'albero. Il Diavolo accettò e il fannullone libero di tornare alla sua vita da bevitore.
    Sicuro si non poter più avere la dannazione eterna il fabbro commise così tanti peccati che, quando morì al suo bussare alle porte del Paradiso venne scacciato.
    Senza un luogo dive stare a Jack non rimase altra via che dirigersi verso gli inferi. Il diavolo però ancora offeso per come era stato raggirato, gli ricordò il patto, ben felice di lasciarlo errare come anima tormentata nel limbo.
    Il fabbro cercò d'impietosirlo facendogli notare che era condannato così a vagare freddo e nell'oscurità in eterno, il satanasso allora lo scacciò lanciandogli contro dei tizzoni ardenti.
    Jack allora raccolse i tizzoni scagliati dal diavolo per farsi luce lungo il cammino e, per non fargli spegnere, li mise in una zucca foracchiata che trovò in un campo.
    Da allora fu soprannominato Jack O'Lantern, e la notte della vigilia di Ognissanti è possibile vede la sua lanterna alla ricerca di un luogo in cui riposare in pace.
    di Xander Ares

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    Edited by Xander Ares - 1/11/2021, 16:47
  12. .
    Il cielo era ormai buio, e, alla fermata del autobus vicino al cavalcavia. Anita guardava i messaggi sul suo smartphone mentre aspettava la circolare.
    Alzando lo sguardo dallo schermo vide che senza che se ne accorgesse si era fermato un autobus vecchio più di trent'anni, fu allora che la ragazza si accorge come tutti i passeri avevano i loro volti pallidi incollati al vetro e la fissavano come se aspettassero solo che lei salisse. Imbarazzata allungò la gamba per salire sulla circolare, quando senti una mano afferrarla per il bavero della giacca e tirarla indietro, in quel momento l'autobus scomparve come se non ci fosse mai stato, mentre auto e moto sfrecciavano dove lei stava per mettere il piede.
    - Che cosa fai? -, disse preoccupato l'uomo anziano che l'aveva tirata indietro, - Devi stare più attenta o prima poi qualche auto ti metterà sotto. Specie qui vicino a questo cavalcavia. -
    Sentendolo dire così un brivido le attraverso la schiena mentre ricordava le tante tragiche voci di gente morta investita proprio in quel punto e capì: quel autobus l'aveva visto solo lei, perché non era la circolare che aspettava, bensì quella per l'oltretomba che attendeva chi finiva sotto l'auto all'uscita del cavalcavia.
    di Xander Ares

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    Edited by Xander Ares - 1/11/2021, 11:52
  13. .
    Nel piccolo alveare ai margini del bosco c'era grande fermento: tutte le api si stavano preparando a un giorno di festa.
    La piccola ape Mara attaccava i lampioncini assieme al suo papà, felice di sentirsi importante.
    Come ogni anno, per la festa, tutte le api erano in fermento dalle prime ore del giorno.
    C'era ovunque molta allegria e da lontano si sentivano i primi suoni festosi.
    - Ecco la banda - gridavano le api vedendo i musicisti volare ronzando coi suoni più gioiosi.
    - Andiamo anche noi alla festa! - esclamava Mara ansiosa di partecipare alla gara di volo per la prima volta.
    - Mamma, vieni andiamo! - continuava a ripetere.
    - Prima bisogna preparare una bella crostata di miele. - disse la mamma.
    Mara e sentendo ciò subito indossò cappello e grembiule ed era pronta a incominciare.
    - Mamma - le disse - pensi che sarà una bella festa? -
    - Credo proprio di si - la rassicurò lei con un sorriso. - Ma stai sicura che le mie crostate non saranno meno belle. -
    Quando crostate furono cotte, l'Ape Regina dava il via ai festeggiamenti nella piazza grande dell'alveare. Le famiglie si avviarono felici con i loro cestini di polline e dolci al miele appena sfornati.
    I papà avevano lucidato i loro pungiglioni fino farli brillare e le mamme decorarono le loro ali per renderle più belle.
    I più felici erano le giovani api, che si sentivano elettrizzate per la magnifica festa che li attendeva.
    Nella grande piazza sfilavano delle buffe maschere, sotto cui si nascondono dei simpatici ragazzi che ballavano e correvano felici, portando tanta allegria.
    Le piccole larve facevano cerchio emettendo gridolini di gioia per il divertimento.
    Le maschere erano bellissime, perché ogni anno l'Ape Regina premia la maschera più bella.
    La festa iniziò con una gigantesca merenda, ogni tipo di dolce al miele era presente: pasticcini, frittelle, torte e biscotti a volontà!
    Era per tutti i golosi una gran pacchia. La festa era molto ben riuscita e tutti mangiavano e si divertivano.
    Ma per le giovani api non era finita, c'era ancora l'entusiasmante gara di volo all'indietro.
    Ricordate la piccola Mara che aiutava la mamma a preparare la torta? Ebbene, si era allenata così tanto che in gara volava sfrecciando, era così veloce che vedeva tutti gli altri che non riuscivano a raggiungerla, e fu proprio lei a vincere la gara. Il suo papà e la sua mamma la festeggiarono per primi con un caloroso abbraccio.
    Quando scese la notte, i più piccoli erano già stanchi, ma c'è ancora lo spettacolo più bello e affascinante da vedere, la danza delle lucciole! Che meravigliosi disegni scintillanti formavano! Il cielo, sopra l'alveare, all'improvviso si riempì di scie colorate e il silenzio della notte è rotto dagli urli di ammirazione delle api.
    E così si concluse una gran bel giorno di festa.
  14. .
    Mentre girava qua e là in cerca di cibo, una formichetta trovò un chicco di grano.
    - Che fortuna! Lo seminerò e così avrò delle belle spighe! - disse tutta allegra, ma il lavoro era tanto e andò a chiamare i suoi amici perché l’aiutassero a scavare un buco profondo nel terreno.
    - Grillo, amico mio! Potresti aiutarmi a seminare questi chicchi di grano? – chiese la formichetta.
    - Non posso, mi fanno male i piedi devo a curarli! – rispose il grillo.
    Allora la formichetta seminò i suoi chicchi tutta sola. Con le zampette preparò la terra, ci posò il chicco e lo coprì ben bene.
    Ogni giorno lo innaffiava, finché spuntò una piantina che cresceva mentre i suoi amici si divertivano e correvano su e giù per i prati.
    Il tempo passò e spuntarono delle belle spighe, e quando furono mature bisognava raccoglierle
    - Cavalletta, amica mia! Potresti aiutarmi a raccogliere queste spighe di grano? – chiese la formichetta.
    - Ahi, ahi, scusa, mi fa male la schiena! - si lamentò la cavalletta, e andò via.
    Allora la formichetta raccolse il grano tutta sola e lo mise in un bel sacco e pensò: - Se macino questo grano ne posso fare della farina. -
    Così decise di portare il sacco al mulino, ma era pesante e la formichetta era piccina.
    - Cicala mia! Potresti aiutarmi a portare questo sacco di grano al mulino? – chiese la formichetta.
    - Non posso, ho un sonno terribile! – rispose la cicala e se ne andò.
    - Chi mi aiuta a portare il grano al mulino? - Chiedeva a destra a manca e sentiva solo: - Io no! Io no! -
    Allora la formichetta portò con gran fatica il suo sacco di grano al mulino, tutta sola! Poi chiese chi la aiutava a macinare il grano sentì solo: - Io no! Io no! -
    E così macinò il grano tutta da sola e da sola lo portò a casa.
    - Con tutta questa farina, ora posso fare delle belle focacce. - pensò la formichetta industriosa.
    Chi mi aiuta a i impastare le focacce il pane con questa farina? - Chiese a tutti gli amici, ma in risposta sentì: - Io no! Io no! -
    La formichetta allora si a impastare tutta da sola le focacce, perché nessuno voleva aiutarla.
    Quando però dal forno venne il profumino delle focacce calde tutti si presentarono a casa sua, c'era il grillo, la cavalletta, la cicala e tanti altri. Tutti avevano l'acquolina in bocca e gli chiedevano: - Ma quante focacce hai fatto! Ti serve una mano a mangiarle? -
    La formichetta rifletté a lungo prima di rispondere: - Da sola ho seminato il grano, da sola l'ho raccolto e l'ho portato al mulino, da sola lo ho macinato e da sola ho fatto le focacce, perciò da sola le mangerò. -
    E tutti i suoi amici impararono che le focacce, e tutte le cose buone, spettano solo a chi ha lavorato, non ai fannulloni come loro.

    Edited by Xander Ares - 24/10/2021, 12:20
  15. .

    Il pic-nic di Lunetta
    e altre storie

    di
    Xander Ares



    Il pic-nic di Lunetta
    C'era una volta una ragazza povera di Lunetta che per guadagnarsi da vivere andò a lavorare come domestica per la perfida signora Grisolda...

    I chicchi d'uva
    Un tempo la vite non produceva alcun frutto, e il suo unico scopo nei campi era di dare un po' d'ombra ai contadini...

    L'alchimista
    Ingegner Marchingegni era un inventore , sempre nuovi meravigliosi aggeggi spuntavano dal suo garage: aquiloni teleguidati, palloni autosegnanti...

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320 replies since 9/6/2020
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