Posts written by lovesick‚

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    Da bambino si poteva dire che fossi il più coscienzioso dei miei fratelli, sempre calmo, sempre tranquillo, cercavo sempre di seguire le regole e di fare la cosa giusta in ogni occasione. Inutile dire quanto mi piacesse andare a scuola ed imparare, studiare persino, tant’è che ricordo più di un’occasione in cui mia sorella Wendy mi ha affibiato il soprannome del “secchione”, se quella parola usciva dalla sua bocca non mi infastidiva davvero, fingevo solo di irritarmi tanto per darle la soddisfazione di avermi visto innervosito. I grandi occhiali tondi che avevo indossato fino alla fine delle scuole medie ed il fatto che mi piacesse particolarmente portare un vecchio cappello a cilindro, come quello indossato da mio padre, non aiutavano certo nella mia immagine. Con il tempo, crescendo ero cambiato, dopo le scuole medie avevo iniziato a frequentare il liceo, l’infanzia aveva lasciato il posto all’adolescenza, avevo smesso di portare quello stupido cappello a cilindro e avevo sostituito gli occhiali spessi con un paio di lenti a contatto. Non solo la mia immagine era cambiata, lo ero anche io, da bambino tranquillo e compiacente quale ero, mi ero trasformato nel perfetto stereotipo dell’adolescente scapestrato che faceva tardi la sera per uscire con gli amici facendosi beffe del coprifuoco dei genitori. Ne avevo combinati parecchi di disastri nel corso di quegli anni, di alcuni di questi mi pentivo e vergognavo persino, altri erano stati decisamente divertenti. Inutile dire quanto avessi dato del filo da torcere ai miei genitori e quanto mio padre avesse, forse incosciamente, cominciato a considerarmi un po’ come una causa persa, non credevo davvero che nemmeno lui se ne rendesse conto, eppure lo potevo percepire chiaramente dall’atteggiamento che aveva nei miei confronti. Era chiaro che non mi facesse piacere che mio padre, o qualunque altro membro della mia famiglia, potesse pensare certe cose di me, in quegli anni però non avevo proprio potuto fare a meno di comportarmi in quel modo. Anche qui però, mi era venuto in grande aiuto la crescita, mano a mano che gli anni passavano infatti avevo comincianto a capire che forse, qualcosa nel mio atteggiamento doveva cambiare, che dovevo pormi un’obbiettivo, qualcosa da perseguire nella vita, perché continuare a girovagare senza senso con il solito gruppo di scansa fatiche a lungo andare non avrebbe portato nulla di buono. A scuola i miei voti erano un po’ calati, ma non così tanto da diventare preoccupanti, per fortuna quella era una cosa di me che non era mai cambiata: ero sempre stato un ottimo studente. Dopo il diploma quando era arrivato il momento di decidere che cosa fare della mia vita avevo scelto di iscrivermi alla facoltà di medicina, ricordavo ancora la faccia sconvolta e lo sguardo disapprovazione di mio padre, doveva essere proprio sicuro del fatto che non sarei mai riuscito a portare a termine un compito così impegnativo. Beh, gli avrei dimostrato quanto si sbagliava, quanto potevo davvero farcela e soprattutto che sarei stato in grado di cavarmela da solo!
    Così eccomi qui, in questo bar a montare il latte per i cappuccini e riscaldare ciambelle prima di servirle. Quel giorno il bar era quasi vuoto, non avevo nemmeno notato quella ragazza dai lunghi capelli scuri che passava lì la maggior parte dei suoi pomeriggi a scrivere, a penna, su un quaderno, insomma questa cosa mi era saltata all’occhio, non sarebbe stato più comodo un computer? Il signor Scoffield aveva appena ritirato il suo caffè d’asporto e io stavo pulendo il bancone con una vecchia spugna che avrebbe avuto davvero bisogno di essere sostituita. Dopo l’uscita dell’avvocato nel locale eravamo rimasti io e la ragazza che scriveva sempre che ad un certo punto ordinò a Jack, il mio collega, una ciambella e un té alle erbe, peccato che Jack avesse finito il turno da una buona mezz’ora, alzando lo sguardo si accorse da sola che non si era rivolta alla persona che credeva «Mi dispiace non sono Jack, sono John, va’ bene uguale? Comincia sempre con la J…» le risposi rivolgendole un sorriso smagliante, la vedevo lì dentro da un po’ ma stava quasi sempre di spalle e con lo sguardo chino sul suo quaderno, ora che invece avevo la possibilità di guardare il suo viso, potevo dire che fosse davvero carina. «Preparo subito la tua ordinazione.» aggiunsi e dopo averle rivolto un altro sorriso, le voltai le spalle per andare a scaldare la ciambella e preparare il té, quando fu tutto pronto sistemai piattino e tazza su un vassoio, uscì da dietro il bancone e mi diressi al suo tavolino per appoggiare quello che aveva ordinato davanti a lei. «Ecco a te… Attenta al té è bollente, non vorrei che ti scottassi...» non era solo molto carina, nel suo viso c’era qualcosa che mi ricordava qualcuno… qualcuno che consocevo molto tempo prima… ma chi?
    John Darling
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    I ricordi della magica avventura che avevo vissuto verso la fine della mia infanzia, anzi, sarebbe stato più appropriato dire che quell’avventura aveva di fatto segnato la vera fine della mia infanzia, ma non era poi così importante, in qualunque modo scegliessi di esprimermi il risultato non cambiava: quei ricordi vivevano ancora dentro di me e non avrebbero mai cessato di farlo. Se chiudevo gli occhi potevo ancora sentire il profumo dei fiori che circondavano la casa sull’albero nell’Isola che Non C’è, mischiato all’odore della salsedine che veniva dal mare, così come potevo sentire le risate dei Bimbi Sperduti che giovano a riconrrersi o a rievocare qualche battaglia epica che avevano combattutto contro Capitan Hook e la sua ciurma. Era stata un’avventura magnifica, anche se alla fine quando era giunto il momento di scegliere avevo scelto di tornare a casa, ripensandoci ora, dopo molti anni, avrei voluto avere la possibilità di tornare sull’Isola, non spesso, solo ogni tanto, solo per avere di nuovo la sensazione di rivivere quei momenti, quelli belli, ma anche quelli meno piacevoli, quelle situazioni di pericolo che ti lasciavano addosso quella scarica di adrenilina che faceva scorrere più veloce il sangue nelle vene e accelerare il battito cardiaco. Sì, sarebbe stato davvero bello scappare dalla realtà.
    Non che la mia realtà fosse poi così male, anzi a dirla tutta non lo era affatto, avevo la mia famiglia, che oltre ai miei fratelli comprendeva i miei genitori, era per loro che avevo scelto di tornare, mi mancavano, noi Darling eravamo sempre stati una famiglia unita e a lungo andare non ce l’avrei mai fatta senza di loro. Tornare a casa però aveva voluto dire lasciare andare anche tante altre persone a cui volevo bene, tanti amici a cui mi ero sinceramente affezionata, primo tra tutti Peter Pan, anche se le nostre strade si erano divise tanti anni prima, non c’era giorno che passasse senza che pensassi a Peter, al mio caro Peter e a quello che avrebbe potuto combinare! Non avevo più avuto sue notizie dal momento che in cui lo avevo salutato di fronte al davanzale della ia finestra informandolo del fatto che sarei rimasta a Londra e non avrei seguito lui, Trilly e TigerLily, avevo il sospetto che fosse arrabbiato con me all’epoca e mi ero sentita molto in colpa per averlo lasciato andare via in quello stato.
    Qualche settimana prima la mia famiglia aveva deciso di lasciare Londra per trasferirsi a Vancouver ed ora, mentre passeggiavo per le strade di quella città che per me era ancora quasi completamente sconsicuta, da sola, era la prima volta in cui rivivevo anche solo vagamente quella sensazione di avventura, di esplorazione che avevo provato tanti anni prima quando ero bambina. Certo Vancouver non c’entrava nulla con l’Isola, nemmeno da lontano, eppure non potevo fare a meno di guardarmi intorno cercando di scoprire con gli occhi ogni sua meraviglia. Passeggiavo quindi guardandomi intorno e di tanto in tanto mi lanciavo anche qualche occhiata alle spalle, non si era mai troppo prudenti quando si camminava da soli per un luogo sconosciuto. La prima volta in cui mi voltai notai un ragazzo dai capelli lunghi sulla fronte che cammianva non molto distante da me, di sicuro non sembrava pericoloso, continuai per la mia strada e dopo un po’ tornai a guardare nella sua direzione, stava ancora là! Mi stava per caso seguendo? Ma no, era molto più probabile che stesse andando esattamente nella mia stessa direzione.
    All’improvviso, come se fossi appena stata congelata sul posto mi bloccai nel bel mezzo del marciapiede, non poteva essere vero, probabilmente avevo le allucinazioni, ma quel ragazzo anche se molto cresicuto rispetto a come lo ricordavo, somigliava moltissimo a… «Peter!» esclami restando ferma nel punto in cui mi ero bloccata, aspettando che si avvicinasse per poterlo osservare meglio «Sei davvero tu?» ero incredula, quasi sconvolta, non mi sembrava che un’incontro così casuale fosse realmente possibile, o ero completamente impazzita e stavo prendendo una cantonata gigantesca oppure il mondo era davero molto più piccolo di come appariva, le coincidenze esistevano e le persone di cui sentivi la mancanza saltavano fuori all'improvviso.
    Wendy Darling
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    Qualche mese prima la mia famiglia aveva preso l’assurda decisione di lasciare Londra, la città che era sempre stata la nostra casa, per trasferirsi in Canada, più precisamente a Vancouver. Il motivo di questo inaspettato trasferimento era molto semplice: mio padre aveva ricevuto un’importante offerta di lavoro, del genere che sarebbe proprio da folli rifiutare e noi, che un po’ folli in fondo lo eravamo (ma nemmeno poi tanto in fondo), avevamo tutti preso la decisione unanime di seguirlo, tutta la famiglia, nonostante noi figli fossimo ormai già praticamente adulti e perfettamente in grado di cavarcela anche da soli ma si sa “i Darling restano sempre uniti”, come amava ripetere mia madre come se fosse una specie di mantra, di motto di famiglia. Mio fratello Michael doveva frequentare l’ultimo anno di liceo e pertanto non avevamo avuto problemi nel trasferirlo dall’altra parte del mondo, stessa cosa per mia sorella Wendy che doveva frequentare il secondo anno di università, qualunque college sarebbe stato più che felice di vantare tra i suoi studenti una ragazza intelligente, brillante e con una media pressoché perfetta come quella perfettina di mia sorella. Per quanto riguardava me, anche io non avevo avuto grossi problemi, avevo deciso di frequentare la facoltà di medicina e avevo superato il test d'ingresso per l'università di Vancounver senza nessun tipo di intoppo, forse non si direbbe a guardarmi ma anche io ero un ragazzo piuttosto sveglio ed intelligente, il cervello non mi mancava e nemmeno le capacità per sostenere il carico di lavoro di una facoltà del genere. Qual Era allora il mio problema principale? Beh, che avevo anche la straordinaria capacità di distrarmi molto facilmente e che divertirmi forse mi piaceva un po’ troppo. Avevo perso il conto ormai di quante volte nel corso degli anni mio padre mi aveva rimproverato per la mia apparente totale mancanza di responsabilità, ma come si dice: città nuova vita nuova, avevo deciso che gli avrei dimostrato di essere perfettamente in grado sia di prendermi le mie responsabilità, sia di poter camminare sulle mie stesse gambe e cavarmela, da solo per così dire. Così oltre ad essermi iscritto al Trinity College, ancora prima dell’inizio del primo semestre avevo trovato un lavoro part-time in un noto bar della zona e a dirla tutta, sfornare cappuccini e brioches non era poi nemmeno tanto male come si poteva pensare.
    Quel pomeriggio ero di turno, ad essere del tutto sincero quello del pomeriggio era il mio turno preferito, subito dopo il pranzo la solita ressa di gente cominciava a diradarsi, il bar praticamente si svuotava e non c’era poi molto da fare a parte qualche caffè e pulire il bancone e i tavolini, era tutto abbastanza tranquillo fino all’orario dell’aperitivo quando i caffè venivano sostituiti dai cocktail e lì cominciava il divertimento vero! Comunque, come dicevo erano circa le tre del pomeriggio ed era tutto decisamente molto tranquillo «Ecco a lei signor. Scoffield il suo caffè macchiato freddo con latte di soia.» esclamai non appena sentì il campanello appeso sopra la porta del bar tintinnare segnalando l’ingresso di qualcuno. Presi il l’ordine che avevo appena preparato senza ancora alzare lo sguardo e appoggiai sopra il bancone il bicchiere di carta dell’asporto che avevo preparato in anticipo per il signor Scoffield, l’avvocato che lavorava dall’altra parte della strada e che tutti i giorni alla stessa ora, entrava per prendersi sempre il solito caffè pomeridiano.
    John Darling
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    Grazie cara❤
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    Posso cambiare tranquillamente volto nessun problema 👍🏻

    Hook come sta tutto bene?🤣
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    *si apre la busta dice c'è posta per te, si corrono in contro e si abbracciano* <3

    È davvero un piacere ritrovarvi, certo ora con calma mi rileggo tutto ;)

    Sarò super felice di ruolare di nuovo con tutte voi e creare nuovi pg (ma se la mia Wendy è ancora libera me la riprendo volentieri :XD: )
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    Ciaoooo @»Cry Baby•·. no probabilmente non ci siamo mai incrociate, sarà bello conoscersi adesso ^^

    siiii sono sempre io wendy, ho cambiato leggermente il mio nick ma il senso è sempre quello xD potete continuare a chiamarmi Wendy o Giulia come preferite!
    -Michelle ma certamente ruoteremo ancora insieme!! <3
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    Ciao a tutti, dopo un lungo periodo di assenza ho deciso di tornare a fare parte del magico mondo dei GDR! Questo è uno dei pochi che ricordo con molto molto piacere, se è possibile tornare a farne parte e mi volete ancora tra di voi ne sarei molto contenta ;)

    Un saluto a tutti!
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    Ora che mi ero preso la briga di osservarla meglio potevo certo notare quanto quella ragazza somigliasse alla madre Atena, per quanto i traffici di Zeus rimanevano predominanti. Non ci si poteva far proprio nulla per questo, il "tocco" di mio fratello si notava sempre, lasciava il segno in ogni cosa che toccava. Ovviamente le lusinghe mi facevano sempre piacere, ero un uomo avvenente, in una posizione di potere, orgoglioso e molto sicuro di me stesso ma ero pur sempre un Dio e si sa che agli Dei piace essere adorati! La richiesta della ragazza mi interessava, era da sempre che desideravo detronizzare mio fratello, prendermi l'Olimpo o anche solo vendicarmi per il ruolo infausto che mi aveva affidato, ma non avrei fatto nulla senza avere qualcosa in cambio, mi sembrava sveglia e in gamba, quindi sicuramente sparava già in partenza, senza bisogno che io glielo dicessi che esigrvo un pagamento per quanto mi stava chiedendo di fare, per il mio aiuto. L'ultima volta che avevo tentato un'impresa simile avevo agito in solitaria e avevo miseramente fallito, mi riferisco alla questione di Hercules che mi è proprio rimasta sullo stomaco. Tuttavia ero decisamente curioso delle sue motivazioni, la sua spiegazione non mi convinceva proprio ed ero ancora dubbioso. Sicuramente Zeus era un padre intransigente, abituato ad imporre sempre la sua autorità e sicuramente la figlia di Atena, che conservava molto del temperamento della madre non riusciva a sottostare molto alle sue regole, se poi era stata bandita dall'Olimpo il discorso filava! Anche se c'era senz'altro qualcosa sotto, per il momento potevo accontentarmi, avrei scoperto presto le sue reali motivazioni, in ogni caso lo avrei scoperto, non avevo fretta di farlo ora. « Mio fratello è un uomo estremamente capriccioso cara nipote, fidati io lo so bene! Non sono diventato Signore dell'Oltretomba per diletto, governare sui morti non era certo la mia massima ambizione! » quel maledetto di un Dio del tuono mi aveva relegato a quello che era il ruolo peggiore al quale si potesse essere assegnati ed ero sicuro che lo aveva fatto per il puro personale piacere di vedermi sottostare a lui in qualche modo, ma poco mi importava, avrei avuto il mio riscatto, non avevo fretta, avevo tutta l'eternità davanti a me e ora quella ragazza, una figlia di Zeus (o meglio di Atena, come preferiva) mi stava offrendo una nuova possibilità. Era ironico da un certo punto di vista che fosse proprio una delle sue creature a volerlo sconfiggere. In ogni caso mettere al tappeto mio fratello non sarebbe stato affatto facile, ma era pur sempre vero quello che diceva la mia appena conosciuta nipotina... Avevo sempre agito solo o affidandomi a scagnozzi di discutibile affidabilità, magari allenandomi con lei, un mio stesso familiare, il mio stesso sangue per così dire avremmo avuto più possibilità. In più mi stava proponendo un pagamento piuttosto interessante e decisamente da prendere in considerazione. « La pietra di Nemmeno eh? Parlami un po' di questo gingillo... Perché mai credo che potrebbe interessarmi? » conoscevo di nome quello di cui mi stava parlando ma non avevo mai approfondito ulteriormente la questione. « In ogni caso posso aiutarti a raggiungere l'obiettivo che ti sei prefissata,
    inutile dire che porterebbe un gran vantaggio ad entrambi. Ma devo avvisarti che non sarà affatto facile, si da il caso che la pozione che già era per rendere un Dio mortale sia custodita nel mio regno, all'interno del vortice delle anime... Non sarà facile andarla a recuperare. »
    era scontato per me che se voleva percorrere quella strada sarebbe dovuta andare lei a recuperare la pozione, io non avevo intenzione di nuotare in mezzo alle anime dei morti... Mi faceva ribrezzo il solo pensiero!
    Ade Signore degli Inferi
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    Quando si sedettero insieme allo stesso tavolino Jamie sentì le risatine, ma soprattutto i bisbigli invidiosi delle ragazze attorno a loro nella caffetteria ma non vi diede alcun peso, erano sciocche e stupide ragazzine che evidentemente nella vita non avevano nulla di meglio da fare che impicciarsi degli affari altrui. Lui non era un tipo abituato a dare nell'occhio, solitamente non era molto socievole (non lo era affatto in verità) e quindi anche quando usciva e qualche ragazza cercava di attaccare bottone con lui non gli dava mai molto peso e spesso la liquidava senza stare troppo a pensarci su, a volte invece dava loro corda ma chiarendo subito le cose: lui non voleva alcuna relazione seria, non aveva il tempo e le energie da dedicarvi, in realtà non avrebbe nemmeno saputo come tenere in piedi una vera e propria relazione sentimentale! Ma se anche loro stavano cercando un po' di divertimento allora gli andava bene. Quella che stava facendo con Violet era un'eccezione a tutte le regole che nel corso degli anni si era imposto, si era seduto a fare quattro chiacchiere con una bella ragazza, senza secondi fini, ma per pensare ad altro e soprattutto per una volta per parlare di altro che non fosse il suo lavoro di guardiano. "Materie scientifiche, spazio dalle scienze varie fino all'informatica, e seguo qualche corso di storia ed archeologia " ascoltò interessato la risposta della ragazza mentre sorseggiava il suo caffè, però era un tipo che non si adagiava sugli allori, a guardarla così non le sembrava affatto una studiosa ma evidentemente anche la sua prima impressione a volte sbagliava. « Però sei una cervellona! Sembrano tutte materie molto interessanti e... complicate! » complimenti a Violet, lui aveva evitato il college come la peste e anche al liceo a scuola non era mai andato molto bene, non gli era mai interessato molto lo studio, aveva sempre preferito dedicarsi agli allenamenti e alla sua carriera di guardiano. Quando lei gli chiese che lavoro faceva ci pensò un momento prima di risponderle, non poteva certo dirgli la verità, ma poteva dirgli comunque qualcosa che vi si avvicinasse. « Io sono... un'investigatore privato...Una specie almeno. » non era proprio la verità, non era nemmeno una bugia però. Avrebbe potuto mentirle con facilità, dirgli che faceva il meccanico o l'architetto o qualsiasi altra cosa, ma per qualche motivo non gli andava di mentire a quella ragazza.
    James "Jamie" Weiss
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    La mia era una famiglia numerosa, non avete proprio idea delle sue proporzioni, probabilmente è il tendine "numeroso" non è altro che un bieco eufemismo! I miei fratelli, così come gli altri Dei, si divertivano a spargere figli tra gli umani, tant'è che ero a conoscenza del fatto che almeno uno dei figli di Poseidone (il fratello quello malleabile) si trovava proprio lì a Vancouver. Non apprezzavo questa loro pratica, se vogliamo chiamarla così, quegli esseri mezzi uomini e mezzi Dei, che senso aveva avere solo la metà dei poteri e nemmeno l'immortalità, mah! A parte questo, non mi stupisco affatto che l'affascinante ragazza seduta accanto a me, nel suo abitino luccicante altro non fosse che una delle figlie che mio fratello aveva avuto. C'era da perderci il conto! Una cosa però dovevo concederla al pezzo grosso dell'Olimpo: generava delle gran belle figlie, tanto che una me l'ero pure sposata. Ah la mia adorata Persefone, chissà dove si era cacciata! "io preferisco il termine figlia di Atena!" la giovane ragazza mi guardava con stizza ma il suo tono di voce era fiero. Mi presi qualche secondo per osservarla meglio, la somiglianza con il padre era inequivocabile, ma ad un'occhiata più attenta si notava chiaramente anche la somiglianza con la madre dalla quale sospettavo, oltre che alla bellezza e lo sguardo fiero avesse preso anche il temperamento autoritario e determinato. « Ah si Atena! Come ho fatto a non notarlo prima, vi somigliate molto tu e tua madre. » Quindi quella ragazza non era semplicemente figlia di un Dio, ma di ben due, il che faceva di lei una Dea a tutti gli effetti e allora mi chiesi; cosa diavolo ci fa una Dea a vivere tra i mortali? Il suo posto non era lì, ma sull'Olimpo, insieme a tutti gli altri a saltellare tra nuvole e arcobaleni. Quella storia cominciava a ricordarmi fin troppo quella di un certo Hercules, solo che osservai con una punta di rammarico nella voce, questa volta non ci avevo proprio messo lo zampino! Ma era proprio lei a chiedermi di intromettermi! La tequila arrivò proprio al momento giusto, non mi piaceva particolarmente girare attorno al nocciolo della questione, se lo facevo era solo un modo per sviare la situazione o per incantare le persone e manipolarle a mio piacimento, ma avevo intuito che lei era li per un motivo ben preciso, era venuta a cercare me ed ero proprio curioso di sapere di che cosa si trattava. Feci scontrare il mio bicchiere contro il suo brindando e poi buttai giù la tequila in un unico sorso. "Intanto non mi sembri poi così vecchio!" sorrisi sotto i baffi (letteralmente) a quelle parole, quella era una lusinga bella e buona, fatta apposta per adularmi e rendermi più ben disposto nei suoi confronti. E brava nipotina! Sapeva come fare affari evidentemente e la cosa mi piaceva, era così noioso discutere e contrattare con persone che non avevano la stoffa giusta. « Sai com'è, sana alimentazione, esercizio fisico, un lavoro stimolante, essere un Dio... Sono cose che mantengono giovani! » le risposi poco prima che arrivasse al sodo, al vero motivo per cui si trovava lì quella sera. Ora si cominciava a ragionare! Spensi il sigaro ormai finito nel posacenere posto sul tavolino che separava le nostre due poltrone e mi sfregai le mani tra loro mentre ascoltavo la sua richiesta. Disse che entrambi volevamo distruggere Zeus, che avevamo entrambi i nostri motivi e che per farlo avremmo potuto collaborare, sottolineò volutente quest'ultima parola. Poi andò dritta al punto, ovviamente conosceva le leggende e sapeva quello che avevo fatto ad Hercules e mi chiese di illuminarla. Sembrava sapere molto su di me e sulle mie gesta, voleva liberarsi di suo padre e la sua idea era di renderlo un mortale e per quello che ne sapeva io potevo farlo, beh aveva ragione! La pozione che avevo usato su quel bamboccio di Hercules, suo fratello tra l'altro, esisteva ancora e la custodivo gelosamente in un luogo che solo io conoscevo. « Non così in fretta tesoro, apprezzo che tu non ti perda in chiacchiere inutili ma ora mi hai reso curioso! Cos'ha fatto il paparino per farti arrabbiare? » ero davvero curioso e volevo sapere il motivo per cui desiderava liberarsi di Zeus, prima di decidere se collaborare con lei. « Comunque è chiaro che ti riferisci a spruzzetto di sole, si l'ho reso mortale e potrei anche farlo di nuovo. Ma qui non stiamo parlando di uno di voi, figli degli Dei, con voi è facile! Stiamo parlando del Signore dell'Olimpo, il supremo pezzo grosso e le cose sono... un tantino più complciate. » per quanto detestavo ammetterlo mio fratello era molto sclatro, erano secoli che provavo a batterlo e non c'ero ancora riuscito.
    Ade Signore degli Inferi
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    La ragazza stava lentamente cominciando a capire come funzionava il suo corpo e soprattutto la sua mente in forma di lupo. Tutto era dominato dall'istinto e dai sensi, tutte le percezioni erano più intense, come se qualcuno avesse improvvisamente alzato il volume delle cose. Le piacevano quelle sensazioni del tutto nuove che stava provando, l'ebbrezza della corsa attraverso il bosco, il morbido della terra sotto i piedi, ops... Sotto le zampe! Lo strano modo in cui riusciva a sentire la voce di Nathan anche se lui non stava veramente pronunciando alcun suono. Era tutto nuovo e tutto molto affascinante, sicurmanete Phoebe era anche presa dalla novità e dalla scoperta della sua nuova forma. C'era ancora molto che doveva imparare ma aveva scelto di fidarsi di Nathan, di lasciarmi mordere da lui, era stata una sua decisione e quindi confidava anche nel fatto che lui l'avrebbe guidata nel modo migliore. In appena qualche ora quel ragazzo era passato dall'essere un perfetto sconosciuto a diventare il suo mentore in tutto e per tutto. A pensarci era assurdo come si fossero imbattuti l'una nell'altro per puro caso è come le loro vite si fossero poi intrecciate in modo indelebile, si perché qualunque cosa fosse successa di lì in avanti, Phoebe non avrebbe mai potuto dimenticare il ragazzo che l'aveva trasformata in licantropo. *Lo so la carne di bufalo è più appetitosa di quella di una lepre; ma ora ti dovrai accontentare...* a sentire quelle parole la giovane lupa avrebbe volto ridere e se fosse stata in forma umana l'avrebbe fatto, a quanto pareva però i lupi non potevamo ridere così le uscì solo uno strano sbuffo dalle narici. *Anche il coniglio andrà benissimo! *Il bufalo sarebbe stata sicuramente una preda più appetitosa, su questo non c'era ombra di dubbio ma riconsceva che come suo primo obbiettivo non sarebbe stato affatto saggio, il bufalo era un animale molto grande e lei era tutt'altro che una cacciatrice esperta, avrebbe persino potuto farsi male. Quando Nate le fece un segno d'assenso con il capo capì di essere sulla strada giusta e si diresse in quella direzione, osservandolo mentre mentre si mimetizzava tra i cespugli, in disparte in modo da lasciarle campo libero ma comunque abbastanza vicino da correre in suo soccorso in caso ci fosse stato bisogno del suo intervento. Per lei era una sensazione molto strana, quella di avere qualcuno che la guidasse, o che fosse lì pronto a disposizione in caso avesse avuto bisogno d'aiuto, in poche parole Phoebe non era affatto abituata ad avere qualcuno che si preoccupasse per lei, era una strana sensazione, ma strano in senso piacevole. Era una persona solitaria per natura, non le piaceva molto stare in mezzo a troppa gente a meno che no si trattasse di un'occasione speciale come quella de ballo, tant'è che l'ultimo anno lo aveva passato a viaggiare per gli Stati Uniti completamente sola. Chissà come sarebbe stato, avere sempre qualcuno accanto, qualcuno su cui poter sempre contare, non aveva mai avuto una famiglia e non ne aveva mai desiderata una, le era sempre piaciuto stare sola ed era sempre stato così, a parte quando era ancora una ragazzina e viveva con suo fratello, ora però cominciava a chiedersi se fosse giusto, vivere sempre per conto proprio, se non sarebbe stato meglio avere qualcuno accanto. Comunque, in quel momento la concentrazione di Phoebe non era di certo a quei pensieri ma da tutt'altra parte, puntata sulla sua preda, il suo unico obbiettivo al momento! Si avvicinò lentamente al cespuglio di felci dove si nascondeva il coniglietto e quando fu abbastanza vicina riuscì anche ad individuarlo, silenziosamente, così come si era avvicinata a lui si accucciò a terra e poi con un balzo fu addosso alla sua preda ma non aveva calcolato bene le distanze e inizialmente il coniglio le sfuggì. Lui era sicuramente molto veloce, ma anche lei lo era così con in aggiunta un pizzico di fortuna, dopo un secondo balzo riuscì ad afferrarlo!
    Phoebe Kenner
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    Sicuramente quello che avevo appena aperto non era il genere di locale adatto a tutti, proprio tutto il contrario! Molte persone, molti piccoli e non particolarmente interessanti esseri mortali avrebbero potuto trovare il mio night club troppo trasgressivo e persino immorale. Era un vero e proprio peccato per loro perché non avevano la minima idea del divertimento che si perdevano! Onestamente non li capivo nemmeno gli esseri umani, le loro vite erano così brevi, così precarie, bastava un non nulla per porvi fine eppure alcuni di loro erano così restii ad assaporare anche i più piccoli piaceri della vita, avevano sempre paura di fare qualcosa di male, qualcosa che avrebbe potuto fare un torto a qualche Dio. Non avevano la minima idea di quanto gli Dei, quelli veri, poco si curassero delle loro insulse vite! A parte questi pensieri che accantonai praticamente subito, l'inaugurazione del mio nuovo locale stava avendo un discreto successo, all'ingresso c'era una fila di persone che arrivava fino in fondo alla strada e dentro era veramente pieno di gente, allora c'era veramente qualcuno anche qui sulla terra che sapeva come divertirsi! Dal canto mio io mi ero preso una pausa da tutto quello che riguardava l'ordinaria amministrazione, quella sera sarebbe state solo e solamente dedicata allo svago per me così me ne stavo lì, comodamente seduto sulla mia poltrona di pelle nera ad osservare le ballerine che danzavano sui cubi che avevo di fronte indisturbato, perché nessuno avrebbe mai osato disturbare il Signore degli Inferi! Fino a quando qualcuno mi chiese se poteva sedersi sulla poltrona accanto alla mia. Spostai il mio sguardo svogliatamente dalle ballerine alla ragazza che aveva appena parlato. « Prego... » le feci cenno di sedersi dopo averla squadrata dall'alto in basso. Si trattava di una ragazza giovane e decisamente molto attraente, indossava un vestito corto e forse un po' troppo luccicante per i miei gusti, apprezzavo invece il suo trucco pesante. La osservai mentre si accomodava e continuava a parlare di quanto il locale si addicesse alla mia persona, interrogativo aggrottai appena le sopracciglia, chiedendomi che cosa intendesse dire "effettivamente lei è proprio come me l'aspettavo!" concluse la ragazza che chissà per quale assurda ragione mi appariva decisamente molto familiare, c'era qualcosa nel suo modo di fare e nei suoi lineamenti che mi ricordava qualcuno, come se l'avessi già conosciuta ma non mi ricordassi dove o come e io detestavo non sapere le cose, diventavo parecchio nervoso quando mi succedeva. Fu quando notai la saetta che attraversò il suo sguardo che capì esattamente con chi avevo a che fare, diedi un'altro tiro al mio sigaro, assaporando la boccata di fumo prima di espirarlo fuori dalle labbra in cerchi concentrici che andarono ad incastrarsi perfettamente gli uni agli altri prima di dissolversi. « Ma certo, un'altra figlia del grande Zeus! » dissi rivolto alla giovane con un gesto ammiccante della mano. Mio fratello si era divertito parecchio nel corso dei millenni a spargere il suo seme per il mondo, i suoi figli spuntavano fuori come funghi! « Quel figlio di un tuono non è proprio in grado di tenerselo nei pantaloni... » non ero mai andato d'accordo con il mio adorato fratellino che si era preso l'Olimpo relegandomi ai piani bassi a fare il lavoro sporco e poi mi irritava terribilmente tutto quello che lo riguardava, dal suo sorrisetto arrogante al suo modo di fare da super star, avrei tanto voluto vederlo ardere tra le fiamme del mio inferno e tappargli la bocca una volta per tutte. « Cosa può fare per te il tuo vecchio zietto? » le chiese subito dopo, facendo segno alla cameriera alla quale aveva appena ordinato da bere di sbrigarsi. Era chiaro che se una figlia di Zeus era venuta a trovarmi era sicuramente perché voleva qualcosa da me e se si trattava di Zeus, prima di tutto avevo bisogno di bere.

    Ade Signore degli inferi
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    Quello in cui si era appena tuffata era un mondo del tutto nuovo, pieno di colori, suoni e soprattutto di odori che da umana non aveva mai notato. Tenere a freno l'istinto per Phoebe era decisamente molto difficile in quel momento, alle sue narici arrivavano un'infinità di odori diversi, molti dei quali sembravano "cibo", non sapeva ancora come distinguerli gli uni dagli altri, non aveva idea di come capire qualche animale poteva essere o meno alla sua portata, quindi alla fine quando si era ritrovata a dover decidere che traccia seguire aveva optato per quella che gli sembrava la piu appetitosa. Per questo motivo credeva proprio che Nathan avesse fatto bene a portarla nel bel mezzo della foresta per la sua prima trasformazione, non era in grado ancora di dare un nome ai vari odori, non era in grado di distinguere se si trattava di animali o di esseri umani, sapeva solo che erano "cibi" più o meno appetitosi. Se ci fosse stato un umano nei paraggi, il suo odore sarebbe potuto sembrarle buonissimo e avrebbe scelto di attaccarlo. Phoebe non avrebbe mai fatto niente di male ad un essere umano, non lo avrebbe mai attaccato, non avrebbe mai potuto cibarsi di carne umana. L'unico caso in cui avrebbe potuto fare un'eccezione era forse, se qualcun iavesse minacciato di farle di nuovo del male. Non era forse questo il motivo per cui aveva scelto di essere morsa da Nathan? Per essere in grado di difendersi in caso di qualcuno avesse cercato di farle del male e anche, forse, per vendicarsi di chi gliene aveva fatto in passato. La giovane lupa aveva cominciato a correre verso quella che credeva essere la sua preda quando Nathan le sbarrò la strada e per poco non lo travolse nella foga della corsa. Lui le spiegò che stava puntando ad una preda troppo grossa ed in effetti si rese conto solo in quel momento che più che dall'oltretomba si era lasciata guidare dal battito del cuore di quell'animale, un battito lento e molto forte che poteva stare a significare solo una cosa; la prenda era di grandi dimensioni e lei era ancora troppo inesperta per poter riuscire a cacciarla. Istintivamente abbassò le orecchie sentendosi rimproverata dalle parole di Nathan ma poi le risollevò subito per concentrarsi di nuovo e seguire i consigli del suo maestro. Si guardò attorno mentre annusava ancora l'aria cercando di scovare una preda che fosse alla sua portata, non le ci volle molto prima di riuscire a trovare qualcos'altro di interessante oltre al bufalo! In odore selvatico ma più dolce, mischiato a quello del sottobosco e delle felci dove probabilmente l'animaletto si stava nascondendo. Puntò il muso in quella direzione scoprendo che era la stessa che le stava indicando Nathan. *Da quella parte? Mi sembra un animale più picolo... * gli chiese per avere la conferma di non essere di nuovo sulla pista sbagliata.

    Phoebe Kenner
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    In effetti ad un tipo attento come Jamie sarebbe dovuto saltare subito all'occhio che la ragazza che aveva di fronte era la stessa con cui aveva lavorato la sera del ballo. Il suo viso le sembrava familiare, come se la conoscesse ma non riuscisse a ricordarsi esattamente in che occasione si erano incontrati. Eppure solo i capelli erano di un colore diverso, Artemisia aveva i capelli biondo platino e li portava legati in due codini alti sopra la testa, Jamie non sapeva se li portava sempre in quel modo, forse lo faceva soltanto quando era il missione, magari per stare più comoda. La ragazza che aveva di fronte invece aveva i capelli castani. Ma le differenze non stavano solo nei capelli o nello "stile" in generale, c'era qualcosa di molto diverso anche nell'atteggiamento. Artemisia era più spigliata, aveva risposto a quelle poche battute che si erano scambiati con acume e disinvoltura, la ragazza con cui stava chiacchierando ora sembrava molto più timida e insicura. A Jamie piacevano le persone decise, che sapevano quello che volevano e si prodigavano per ottenerlo, considerava l'essere timidi come una debolezza e le persone deboli non attiravano praticamente mai l'ansia attenzione. Tuttavia c'era qualcosa nello.sguardo di quella ragazza che la rendeva interessante ai suoi occhi, forse proprio perché il suo viso gli era famigliare e il suo modo di fare insicuro risultava dolce ai suoi occhi. Lei le disse che si stava appunto sedendo a bere un caffè e che avrebbero potuto continuare a parlare seduti, Jamie le sorrise, accettare gli faceva piacere. « Ma certo. » le rispose sedendosi al primo tavolo libero e facendole segno di prendere posto di fronte a lui. Quando la ragazza si presentò come Violet si rese conto che aveva completamente dimenticato l'educazione e le porse la mano per stringere la sua mentre si presentava. « Piacere, io sono Jamie. Allora Violet, che cosa studi? » le chiese mentre sorseggiava il suo caffè, era chiaro che lei fosse una studentessa del college e dopo ore passate a parlare con quel vecchio professore e a rimuginare sulla sua vendetta contro colui che aveva ucciso il suo migliore amico, Jamie aveva decisamente bisogno di qualcosa per distrarsi e scambiare quattro parole con una bella ragazza sembrava proprio il modo migliore per farlo.
    James "Jamie" Weiss
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