Black Dagger Sisterhood - Dark Lover Scanlation Team

Posts written by españa

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    Sono felice che ti sia piaciuta ** <3
  2. .
    Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Fandom: Haikyuu!!
    Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
    Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
    AVVERTENZA: Mi sono ispirata in parte alla canzone di Marco Mengoni: Guerriero. Che, no, non mi piace il cantante, né in generale le sue canzoni, ma il testo di questa era troppo perfetto per l'idea che avevo e niente, ecco qua quello che ne è uscito.


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    I will try to fix you.





    La riabilitazione era finita da una settimana, ma non era servita a niente per te. Era come se fossero passati semplicemente i giorni, come se non era valsa la pena di perderli lì dentro, in quel luogo freddo e che mai, mai, avresti pensato di dover sopportare così tanto a lungo. Più volte eri finito col lanciare all’aria un’asta, per urlare e prenderti la testa tra le mani e piangere per lunghi e dolorosi momenti, mentre la ragazza di turno cercava di calmarti invano. Ed io, ero lì, a fissare quella scena straziante attraverso un vetro spesso due dita, a fissare la tua figura e provare un dolore bruciante dentro il petto. Come eravamo finiti a questo punto? Come era potuto succedere proprio a te, che oltre alla pallavolo l’unica cosa importante e sicura che avevi ero io?



    Ti prendo per mano quando restiamo soli nel corridoio, mentre l’infermiera va a far firmare al dottore i fogli per la fine della riabilitazione. Non mi guardi, il tuo sguardo è fisso verso le tue cosce e le gambe che oltre il ginocchio non esistono più. Ma tu le senti, senti le fitte, perché vedo i tuoi denti mordere forte il labbro inferiore e gli occhi sull’orlo del pianto. Ma ti trattieni, perché devi imparare ad accettare che ormai non ci sono e quella è solo la sindrome dell’arto fantasma.

    Cerco di non assumere nessun sguardo triste, perché vederti in questo stato è forse la cosa che più mi strazia dentro, quella che mi distrugge fino in fondo. E mi sento inutile, per niente in grado di poterti aiutare, ma se solo fosse possibile taglierei le mie di gambe e te le donerei. Se fosse possibile tornerei indietro e avrei preso il tuo posto in quell’incidente d’auto.



    Ed è quando ti stringo più forte le mani che tu alzi lo sguardo. Gli occhi rossi, carichi di dolore, ma quel sorriso ti solca comunque le labbra, perché non vuoi farmi preoccupare, non vuoi che io pensi che tu sia troppo debole per sopportare tutto questo. Ma è difficile, e lo sai, perché io ti leggo dentro, che ti conosco molto più di quanto la gente possa anche solo immaginare. Ed è straziante, orribile vederti così, è terribilmente atroce quella tua espressione che mai avevi assunto, nemmeno quando venivamo sconfitti da un’altra squadra.



    Mi allungo verso il tuo viso, ed è mentre le mie labbra si poggiano dolcemente sulle tue che prendo coraggio e capisco cosa posso fare te, cosa voglio fare per te.





    “E levo questa spada alta verso il cielo,

    giuro sarò roccia contro il fuoco e il gelo.

    Solo sulla cima tenderò i predoni

    arriveranno in molti e solcheranno i mari.



    Oltre queste mura troverò la gioia

    o forse la mia fine, comunque sarà gloria,

    e non lotterò mai per un compenso:

    lotto per amore, lotterò per questo.”




    Ti porto a casa, camminando con calma per la città, mentre le persone ci guardano, ti guardano e incontrano il mio sguardo duro, il mio sostegno dietro di te, mentre spingo lentamente la carrozzella sulla quale sei seduto. E ti parlo con amore mentre aspettiamo che il semaforo diventi verdi. Ti parlo di come sta Kuro, il nostro cane, di come gli sei mancato in queste ore che sei stato al centro, dei danni che ha fatto ai vicini e di come abbia divorato l’osso che aveva lasciato in giardino l’altra sera. Tu sorridi, mi assecondi, mi guardi e cerchi la mia mano sopra la tua spalla, girando il capo verso di me per guardarmi e avere la certezza che io non scomparirò mai. Ma io, Oikawa, non me ne andrò mai dalla tua vita. Io sarò al tuo fianco fino alla fine, fino a quando tu ne avrai bisogno.



    Arriviamo a casa con calma, ed io ti aiuto a salire sopra i gradini tirando su la carrozzella, portandoti fino alla sala, dove ti prendo in braccio per metterti sul divano. Lì, ti accarezzo la fronte e mi siedo al tuo fianco, mentre Kuro scodinzola tra le tue gambe, leccandoti le mani e facendoti a modo suo le feste. Sorrido a quella scena e tu lo accarezzi, giocando con lui e facendogli i versi, chiamandolo nei modi più imbarazzanti possibili.



    Ti amo.

    Lo realizzo ogni giorno, ogni volta che mi fermo a fissarti troppo a lungo. Ed ho voglia di piangere, di stringerti e farti sentire al sicuro tra le mie braccia, darti conforto, farti capire quanto amore io provo per te. Ma forse lo sai già.





    Dopo cena guardiamo insieme un film, parliamo poco, ci coccoliamo per lo più e tu non hai nemmeno la forza di guardare il telefono, perché sai che le persone che ti vogliono bene sono lì, a provare pena per te e darti conforto nel modo peggiore possibile, nel modo che tu detesti di più. Non vuoi commiserazione, tu vuoi semplicemente che si comportino come sempre, che ti invitassero a uscire come hanno sempre fatto o a divertirti con loro. Ma forse, nemmeno questo alla fine è quello che vuoi e in parte, lo sai.



    Ti addormenti sulla mia spalla, mentre con una mano mi stringi la maglietta, come se avessi paura di non sentirmi più, come se in quell’incubo che presto farai, io non sarò al tuo fianco.

    Ma ci sarò, io per te ci sarò sempre Oikawa.





    “Io sono un guerriero veglio quando è notte,

    ti difenderò da incubi e tristezze.

    Ti riparerò da inganni e maldicenze

    e ti abbraccerò per darti forza sempre.



    Ti darò certezze contro le paure,

    per vedere il mondo oltre quelle alture.

    Non temere nulla io sarò al tuo fianco,

    con il mantello asciugherò il tuo pianto.”






    E ti svegli di soprassalto, tra le lacrime, in preda al pianto e ai fremiti, mentre una mano corre a stringere il ginocchio, sentendo che sotto esso c’è solo il vuoto. Il tuo sguardo è spaventato e tremi tra le mie braccia, che ti stringono forte, mentre la mia voce cerca di tranquillizzarti.



    “Sssshh.. va tutto bene, sono qui. Ci sono io qui, Oikawa.”



    Mi guardi negli occhi e cerchi di calmarti, stringendomi subito dopo e nascondendo il viso nella mia spalla.

    Non mi lasciare…ugh…fa…fa così male.”



    “Lo so, lo so…ma andrà tutto bene, te lo prometto.”



    Ti accarezzo la testa e tu annuisci, cercando di convincerti, credendomi ciecamente, stringendomi più forte per sentirmi. Ed è quando ti bacio il capo che tu torni a guardarmi negli occhi e silenziosamente ti avvicini alle mie labbra, premendole contro le tue. Sono salate e umide, calde come le tue guance e la tua bocca: la lingua che va ad abbracciare la mia, unendo i nostri respiri. Le mie mani ti accarezzano dolcemente la schiena e le tue salgono fino a stringermi dolcemente i capelli, facendo passare le lunghe dita affusolate tra i ciuffi scuri. Avrei dovuto tagliarli, prima o poi, magari la mattina successiva, quando le cose si sarebbero ristabilite.





    “E amore il mio grande amore che mi credi,

    vinceremo contro tutti e resteremo in piedi.

    E resterò al tuo fianco fino a che vorrai,

    ti difenderò da tutto, non temere mai.



    Non temere il drago, fermerò il suo fuoco,

    niente può colpirti dietro questo scudo.

    Lotterò con forza contro tutto il male

    e quando cadrò tu non disperare.



    Per te io mi rialzerò….

    Io sono un guerriero e troverò le forze,

    lungo il tuo cammino sarò al tuo fianco mentre

    ti darò riparo contro le tempeste e ti terrò per mano per scaldarti sempre.”






    “Hajime…”



    Sussurri il mio nome tra le nostre labbra, andando a incrociare il mio sguardo. I tuoi occhi sono caldi, umidi per il pianto e per il desiderio che stai provando in quel momento. Ti accarezzo una mano con la guancia e sorrido dolcemente, tornando subito dopo a baciarti con passione, lasciando scivolare le mani sulla tua maglia e percorrere tutto il torace tonico da sopra il tessuto. Te la sfilo, andando a sentire sotto i palmi la carne morbida e tu fai altrettanto con la mia, andando a graffiare piano la schiena con le unghie, che alterni ai polpastrelli che fanno pressione sulla carne. Mi alzo, quando sento il tuo respiro farsi più veloce, proprio come il mio: ed è il desiderio che sta crescendo da parte di entrambi a coinvolgerci.



    Mi sfilo i pantaloni velocemente, togliendo anche i boxer, mettendomi poi in ginocchio davanti a te. Il tappeto andrebbe pulito, così pieno dei peli di Kuro, che ora dorme fuori in giardino, nella sua cuccia che insieme abbiamo costruito tre anni fa, quando lo abbiamo preso al canile.

    Ti bacio il ventre e con le mani percorro le tue cosce, salendo fino alla vita e sbottonandoti lentamente i pantaloni, che ti aiuto a sfilare insieme all’intimo, facendolo scivolare come il mio per terra. Ti guardo e tu mi guardi di rimando. La tua espressione è triste ma mi sorridi lo stesso, ed io allungo una mano per accarezzarti il viso, sentendo il calore della tua guancia sul mio palmo.



    “Ti amo.”



    Ti sussurro, per poi chinarmi a baciarti lì, proprio dove la carne si è richiusa liscia sul ginocchio, dove una volta c’erano le tue lunghissime gambe atletiche. Ti lasci sfuggire una lacrima, portando una mano tra i miei capelli, sussurrando con voce rauca un:



    “Anch’io.”



    Risalgo l’interno coscia, facendo scendere entrambe le mani verso la tua vita e ti aiuto a divaricare meglio le gambe, mentre con la bocca salgo a baciarti, leccarti e succhiarti, passando tra i testicoli e riservandogli il medesimo trattamento che rivolgo al tuo sesso. Tu ansimi, inclini la testa all’indietro sul divano e ti lasci andare al piacere, ondeggiando un poco il bacino e cercando di dimenticare che adesso non puoi più arricciare i piedi come facevi prima quando stavi godendo.



    Mi stringi i capelli più forte solo qualche minuto dopo, tornando a guardarmi e fissandomi con desiderio, intimandomi in silenzio di smettere e baciarti. Mi alzo e senza farti male mi metto in ginocchia tra le tue gambe, andando a sedermi sulle cosce e sfregare il mio sesso contro il tuo, mentre le nostre bocche si uniscono di nuovo. E le tue mani stringono i miei capelli, le spalle, scendendo verso la schiena e i miei glutei, accarezzandoli con sicurezza e divaricandoli sensualmente. Ti mordo il labbro quando mi sfiori l’ano, ma tu mi sorridi e scendi a baciarmi il collo, dove sei solito marcarmi con i denti. Ansimo e mi stringo a te, sentendo le tue dita lunghe accarezzarmi le pareti calde e sfiorare punti sensibili dentro il mio corpo. Ansimo, e tu vai a toccare il mio torace, succhiando i capezzoli e mordendo piano la pelle, dove lascia altri segni.



    “Tooru…!”



    Ti chiamo e tu capisci che ti desidero, che ti voglio, scivolando fuori dal mio corpo con le dita e facendomi calare sul tuo sesso. E nonostante la ferita che provi, nonostante le giornate infernali e le notti piene di incubi, sei tu che guidi me su di te, che mi stringi, mi riempi di calore, facendomi sentire completo.

    E ti bacio, ti stringo, chiamo il tuo nome e tu il mio, in sussurri bassi, caldi e intimi, mentre ci uniamo lenti in un movimento costante, che ci porta insieme a un lungo spasmo di piacere.




    Mi guardi e mi stringi, mentre poggi la testa sul mio petto, steso a pancia in giù sul letto. Io ti accarezzo i capelli e ti sorrido: la testa poggiata sui cuscini e lo sguardo immerso nei tuoi occhi scuri e intensi.



    “Voglio metterle.”



    Dici, e so a cosa ti stai riferendo, e mi sorprendo nel vedere che hai cambiato idea sul metterti quelle protesi. È un buon segno, mi dico, la dottoressa non ci sperava più ormai e aveva detto che gli sarebbero serviti anni per accettarlo e affrontare quel radicale cambiamento, che però lo avrebbe aiutato moltissimo. Lui si allunga verso di me e mi prende con delicatezza la testa tra le mani, baciandomi e sorridendo dolcemente.



    “Mi aiuterai?”



    Chiedi e io andando a prenderti la mano, intrecciando le tue dita tra le mie, sussurro sicuro vicino alle tue labbra:



    “Sì.”





    “Attraverseremo insieme questo regno

    e attenderò con te la fine dell’inverno.

    Dalla notte al giorno, da Occidente a Oriente

    io sarò con te e sarò il tuo guerriero.



    E amore il mio grande amore che mi credi,

    vinceremo contro tutti e resteremo in piedi.

    E resterò al tuo fianco fino a che vorrai

    ti difenderò da tutto, non temere mai.



    Ci saranno luci accese di speranze

    e ti abbraccerò per darti forza sempre.

    Giurò sarò roccia contro il fuoco e il gelo

    veglio su di te, io sono il tuo guerriero.”
  3. .
    FOGLIO ILLUSTRATIVO: usare con CAUTELA!
    Aaaallora~ Presentiamoci tentando di non degenerare.
    Siamo DUE BARBONE che non potevano starsene ferme e, non avendo una minchia da fare, si son date al suicidio in una fan fiction a 4 mani -checculo 8D
    .. A quanto vediamo, la Kassali non è una coppia che si è preso molto in considerazione -MALE *addita*- e in più, non c’è n’è UNA dove ci sia del vero e fottutissimo SESSO.
    Cacchio, con uno come Kassim come fai a non mettercelo =ççç=
    Dunque.
    Questo è un piccolissimo prologo. Questo così come parte del prossimo capitolo, è giusto per dare una volata all'ambientazione generale e al mondo su cui si baserà l’intera storia; ed inoltre, non volevamo che un background uguale e copiato/incollato dal manga stesso di Magi, e abbiamo deciso di rimodernare un po’ le parti e la sceneggiatura.

    Detto ciò, enjoy
    REPERIBILE QUI SU EFP: www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1790507&i=1
    CONTATTO DI ME E NILL: www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=417073

    Rating: Rosso
    Genere: Angst, Erotico, Romantico
    Tipo di coppia: Yaoi
    Personaggi: Alibaba Saluja, Kassim
    Note: AU, Lemon
    Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate





    { Le desert de la Rose. }







    00# Prologo


    Un vago odore di incenso unito ad oppio si poteva percepire nel momento stesso in cui si metteva piede in quel locale senza nome.

    Luci soffuse, quasi assenti se non fosse stato per quelle fiaccole lucenti poste ai lati della grande sala principale, rendevano l’atmosfera più calda, più esotica, più intima; tendaggi di svariate sfumature, dai colori accesi che andavano poi a sfociare in quelli più tenui e cupi per dare un tocco più riservato ad un luogo dove nessuno doveva sapere chi si celava dietro quei veli, dietro quegli occhi contornati di khol nero e brillante, dietro quei corpi sinuosi ma formosi che venivano toccati, bramati, desiderati da molti.

    Non era raro, anzi di uso frequente, vedere locali simili spari per la città di Bali; molti erano creati in maniera spicciola e privi di qualsivoglia briga di mantenere un minimo di pudore per chi vi entrava e vedeva come le donne venivano montate in maniera squallida e senza remora all’angolo della stanza, non appena si varcava la soglia di quella struttura.

    Ma quel, posto in un vicolo appena in disparte della città di Bali, appena al di fuori del centro ma ben raggiungibile, era nettamente diverso, come pochi ce n’erano sparsi e che si potevano contare sulle dita di una mano.

    Ovviamente un bordello non è altro che un bordello, in qualunque modo lo si veda; ma quello, aveva stile e classe. Non troppa, dopotutto era comunque fatto per compiacere a qualsiasi tipologia di cliente che richiedesse servizi di qualsiasi genere; ma era bello.

    Così come belle erano coloro che concedevano il proprio corpo, sussurrando parole languide e lascivamente muovevano i fianchi, irretendo persino l’uomo più puro su quella terra d’Arabia, in un periodo in cui la divisione di classi era netta e la si poteva vedere per strada, sugli occhi stanchi e malati di uomini che chiedevano qualche spicciolo per arrivare a fine mese o di un giovane che veniva spinto al furto pur di sfamare sua madre con i suoi fratelli.

    Era l’era della nuova tecnologia, dove i treni a vapore avevano preso il posto dei cavalli da soma e cammelli per i lunghi viaggi e le macchine delle carovane.

    Ma benché questa nuova era fosse appena iniziata, la distinzione di ceto in Arabia era nettamente visibile anche ad occhio nudo e che i poveri fossero stati quelli maggiormente colpiti -in maniera sfavorevole- da questi nuovi cambiamenti, quei luoghi rimanevano comunque uno dei lussi che potevano ancora permettersi e che riuniva entrambi i due mondi.

    Non c’era povero o ricco che non cedesse o che non riuscisse a non rispondere al richiamo del piacere più antico e più appagante del mondo: il sesso.
    Perché, in parole povere, era questo che in quei bordelli si sentiva, si vedeva e si leggeva con gli occhi, col naso, con tutti i sensi.
    Il Karma era uno di quelli, splendente nei suoi colori sfavillanti, dal rosso sangue all’arancio più acceso, impregnati dell’odore di incenso, di cumino con una leggera sfumatura di fiori esotici, che pungevano al naso ma piacevole nonostante tutto; e nel momento in cui vi si metteva piede, quella sensazione di calore e intimità di poteva sentire maggiormente, in quella sala grande, la quale, in quel momento, era costituita da uomini desiderosi di attenzioni, vogliosi di qualcosa di più che semplici carezze o abbracci; erano vogliosi di sesso.

    E se ne stavano sedute su poltroncine imbottite ai lati, le persone, di fronte a tavolinetti piccoli e tondi fatti in legno, quasi a delineare una via d’ingresso per tutta la parte centrale della stanza che era messa in semioscurità illuminata solo da una fioca luce di lanterne bucherellate e che creavano effetti su pareti dipinte di un nocciola caldo oppure su tende ed arazzi che drappeggiavano il tutto. Molti di questi venivano usati come dei separé di modo da celare al mondo ciò che avveniva dietro, su quei cuscini imbottiti e su quei pavimenti mai spogli ma sempre coperti da tappeti morbidi e appena ispidi al tatto.
    Ma quella era solo la parte inferiore. Ce n’era un’altra, più intima e riservata che si trovava ai piani superiori, ai quali si accedeva tramite una scalinata che costeggiava la parete di fronte dell’ingresso, la quale dava su un corridoio che si affacciava sul salone principale; e le stanze, prive di porte ma munite di tendaggi, si aprivano mano a mano che si percorreva quel lungo corridoio.

    Ansimi affrettati si susseguivano l'uno dopo l'altro, gemiti strozzati fuoriuscivano da sottili labbra rosate e rese tumide per i mille baci che gli erano stati strappati a forza, e corpi audaci si ricercavano l'uno con l'altro in una spasmodica danza che, ben presto, sarebbe giunta al termine.

    Il corpo vagamente pallido del Dominato era inerme, a gattoni, sotto al corpo scultoreo di quell'uomo di molto più grande di lui, tanto di stazza quanto di età che, con forza, gli premeva sui fianchi per portarlo ancora di più dentro di lui.

    Aprì quelle labbra color carne fresca, in un gemito sordo e roco, venendo impudicamente.

    E fu con un ansimo sordo del Dominante che quel rituale ebbe termine, con lui che lo lasciava ricadere a terra, tra i cuscini e le sete preziose e dai mille colori, stremato e con ciò che ne era conseguito di quella notte.

    Il volto infantile dalle guance piene, rosse, del ragazzo era velato dalla fatica ma con un sorriso tiepido si inclinò ad osservare l'uomo che tastava un poco del suo liquido e se lo portava alle labbra, gustandolo appieno.


    “Come sempre, mi ecciti a tal punto da farmi venire due volte di fila.”


    I lunghi capelli dorati si mossero assieme al capo del diretto interessato, che si sorresse con l'avambraccio, abbassando di poco lo sguardo, per poi rialzarlo coperto dalla frangia, schiudendo le labbra.

    Un attimo di titubanza, per poi piegarle di nuovo in un sorriso cordiale e tenue.

    Lo vide alzarsi e rivestirsi in fretta, circondandosi la spalla e il busto un paio di volte con una toga grigia, imprecando appena per essersi sgualcita col cadere a terra in quegli attimi di desiderio e foga, per poi piegarsi e baciarlo sbrigativamente sulle labbra mentre lui si rimetteva seduto sul tappeto e lo guardava scostare la tenda e lasciarlo da solo.

    Rimase immobile sospirando appena, per poi abbassare il viso che ritornò atono ed inespressivo.


    “Già, come sempre..”
  4. .
    Amo tutte le one-shot della Junko per ciò sono sicura che questo non mi deluderà BD
    Grazie per la traduzione♥
  5. .
    Grazie mille *--* sono felice che hai apprezzato questa piccola fiction♥ E che anche te piace l'anime e la coppia~ Tanto amore per Saru&Misa!
  6. .

    u1NdR

    No bone, no blood, no ash, no LOVE.



    <p style="padding-left: 50px;"><p style="text-align: left;">E' come scavare in un pozzo, ancora più a fondo, ancora più in basso. Cosa dovremmo aspettarci dai baratri, dai pozzi, dai luoghi abissali e profondi? Il nulla? Il vuoto? Il male?

    Alla fine è sempre un luogo oscuro, fronteggiato dalle tenebre e dalla morte.

    Eppure è più come una liberazione, per alcuni, è come se cadere in un buco senza fine fosse l'unica via di fuga, come se quello scivolare e sprofondare verso l'ignoto fosse l'unica cosa che li facesse sentire ancora vivi.



    Leggera fluttua l'aria scompigliando i capelli ramati, controcorrente è l'odore aspro dei ricordi annidati nella mente, come ragnatele tessute da ragni accurati e precisi, antichi creatori di miscugli, di trappole e stratagemmi. Ma la dove vi stanno sotterfugi, vi è anche la lama tagliente dell'insicurezza, del dubbio e del tradimento. In quegli angoli tetri della mente, delle vie deserte abitate da cenere e ruggine, vi è quello che si definisce passato, quello che si definisce antico, vecchio, arcano, ricordo. Davanti a quel muro color mogano, color polvere, la mano si tende curiosa, quasi titubante del tocco freddo del mattone e del cemento scuro. La mano trema, pallida e intorpidita dal freddo. Si poggia piano, in cerca di calore, quel forte e ardente fuoco che un tempo era lì che si consumava, era lì che esso si manifestava, come le cicatrici impresse sulla pelle dal suddetto, come gli occhi impregnati di lacrime bollenti e cariche di sentimento, di passione e dolore. Avido è il cuore, ingannevole è la memoria, la sfumatura dei colori, il vestito che ancora ci sfugge, che lento muta, da nero a grigio, da grigio a bianco e da bianco a rosso. Quel colore così acceso, così perfetto, così carico di sentimento e amore, quell'emozione che veniva provata ogni volta, quel covo di segreti che come un tesoro veniva custodito in uno scrigno prezioso, come un diamante sfoggiato con maestosa sicurezza. Ed è lì che ancora una volta la mano cade, sopra il cemento e i mattoni vecchi, di case passate, ormai abbandonate a loro stesse, proprio come allora, proprio come sempre. Ed è inevitabile il crollo delle promesse, dei sorrisi felici, degli sguardi amichevoli e familiari. E' impossibile che quella dolorosa ferita incisa nel petto sopra simboli antichi e di fratellanze d'onore, sia solo un incubo passato, sia solo la nostra cattiva memoria, l'occhio che male ha impresso i ricordi, che non ha colto il fuoco ardente che ha ustionato la carne, ha appuzzato la pelle nivea e profumata di oli. Perché la realtà distrugge, la realtà penetra il petto in profondità, fino a immergere la lama sottile dentro la carne, scivolando rapida fino al cuore, senza paura di arrivare troppo in fondo, senza tremore di ferire ancora.

    Quanto si può sopportare il dolore? Quanto ancora il carico enorme dei sentimenti ingombrerà il petto, sprofondando in un groviglio di spine dove uscirne è un suicidio, è la morte, è la via cieca che non può avere un ritorno...?

    Ma casa... oh, casa..! Casa è dove il cuore ci porta, dove l'amore, anche il più infimo e bastardo, più sporco e colpevole, si trovi, dove lì si trova la persona che si desidera ardentemente, più della nostra stessa salvezza, più di ogni altra forma esistente. Perché non ci sono seconde volte, non ci sono seconde case o seconde famiglie. La casa, così come la famiglia è una. E non è il covo da dove si parte, perché quello è solo un processo di preparazione alla ricerca di “casa”, è l'inizio amorevole o turbolento, è quello che ci orienta verso la nostra dimora, unica e sola.
    Perché casa è una, una soltanto.



    Fushimi Saruhiko.







    Avanza con un tocco leggero di spada, indietreggia e si difende con lo scudo di plastica e legno. Lampeggiante e rovente è la fiamma che lo avvolge, l'urlo che si alza, mentre il ghigno di sottofondo confonde i sensi e stordisce la rigida sicurezza. Poi il coltello che trafigge, il capello che scivola dai capelli sottili e lisci, lasciando al sole il tempo di farli sfumare dai raggi. Ed è allora che il tentennio obliquo si presenta, la spalla che si scontra col muro, il dolore al fianco ferito, il sangue che cola copiosamente dalla pelle, impregnando gli abiti, macchiando il tampone caldo qual è la piccola mano. Un grugnito, una smorfia, una piccola maschera teatrale, quella del dolore, del più doloroso sentimento, della più putrida perdita. E non è tristezza o rimorso, è rabbia, la stessa che da giorni lo invade, è quella lama che non ferisce la pelle, non penetra la carne e i muscoli, ma è proprio colei che va a trafiggere i sentimenti, gli stati d'animo, l'aspro sapore della perdita di qualcosa, di un valore importante, di un significato perso nel tempo. Ed è allora che il nome si sfuma, che non ha più alcun senso, che le azioni vengono vanificate, che l'alcol cancella ogni cosa, ogni piccola parola pronunciata e ogni singolo volto visualizzato. Ma non è ubriacatura quella, non è estasi che ti sballa, è sangue che scivola lento fuori dal corpo, è una lama fredda che vuole gelare anche la sua preda, che vuole privarla del suo calore umano.

    Ed è allora che scivola a terra, che c'è una fiamma rossa che scaccia il nemico. Vano è il tentativo di allontanarlo e allora resta la forza di spirito, la lingua pungente e lunga, la stessa che per anni ha offeso, che ha gioito con voce stridula a ogni momento felice e glorioso, che pavoneggiante si è mostrata al compagno, l'unico e solo. E ci sono occhi carichi di tutto, carichi di rabbia, di risentimento, di ferite che non saranno mai rimarginate del tutto. Poi la mano più grande che si posa sulla stessa del ragazzo steso a terra, che tampona anch'essa la ferita. Il predatore che cura la preda, il nemico che soccombe l'avversario. Ed è uno schiaffo, poi un cazzotto sulla guancia, ma non ci sono movimenti di resa, solo di avanzata. E parte alla carica con un sorriso divertito, un ghigno quasi isterico e una spinta contro il suolo macchiato di tutto: di fango, di mozziconi, di polvere accumulata nel tempo. Poi un insulto e il silenzio.

    Il rituale che finisce, la tecnica di corteggiamento che ha fatto effetto, le ali del pavone che si ritirano e il leone che smette di mostrare le unghie e i denti. La criniera è ancora corta, è spelacchiata e giovane, così tanto da sembrare vecchia. Ed è un bacio bagnato, scivoloso come l'olio, corrosivo come l'acido. Ma è così dolce, così amaro, è così triste da sembrare perfetto. E La mano continua a tamponare, mentre l'altra spinge con forza invano sul petto, su quella giacca color blu, color mare.

    Gli occhi si affilano, il torpore del corpo lo invade, il sangue cessa di colare mentre la lama è ormai fuori dal corpo indifeso e forte. Un grugnito, una spinta del ginocchio contro il cavallo, il rosso a imporporare guance piene e ancor prima pallide. Poi c'è la lingua, che accarezza le labbra, che le schiude e si intromette in quella caverna una volta solo e soltanto sua, una volta posseduta per giorni, per ore, per attimi. Era come se tutto fosse vano, come se il loro mondo fosse solo un ricordo lontano, la felicità divorata dall'incompletezza, dall'odierno odio e star male. La perdita che affoga il sentimento in sangue.

    Ed è una danza, quella che segue la commedia, la tragedia, l'apocalisse più cruenta. Passionale, intensa, avida, cattiva e ferrosa. I canini che affondano nel labbro morbido, il sangue che cola da quelle labbra sottili e rosee, un ghigno si forma dietro quella macchia cremisi. Lo guarda cattivo dal basso, arrossato, affannato. Eppure lo sa, lui lo sa! Finirà come all'ora, come sempre, in balia del delirio e dell'osceno, in balia del mare aperto, della tempesta piena di fulmini.



    “Hai paura, Mi-sa-ki~?”



    “Sei solo un bastardo pervertito.”



    Un ghigno e la lingua guizza veloce fuori dal covo, lecca la superficie della pelle, il contorno accurato delle labbra, il soffice strato di zucchero, mentre il ferro invade il palato. Si cala, ancora, deciso, mentre il ginocchio preme, mentre la mano allontana l'altra dalla ferita, la spinge in alto, macchiate entrambe di sangue, di dolore. E anche la gemella la raggiunge e con agilità le lega insieme. Non c'è resistenza, opposizione, nonostante le parole dicano tanto, lui lascia fare, si lascia toccare. Grugnisce e basta, soffia, come un gatto arrabbiato ma consapevole. E' inutile opporsi al desiderio a quello che un tempo era quotidiano, a quello che sa di volere anche lui.



    “Ma a te piaccio proprio per questo neh, Mi-sa-ki~?”



    Soffia piano, con toni cantilenati, calzanti, isterici, folli. E Misaki lo guarda male, lo guarda e basta e poi lo lascia fare, lo lascia esplorare, navigare ancora una volta in quel mare solo suo e di nessun altro. La maglia si alza, così come quella che è sotto, la pelle si mostra, chiara, liscia, perfetta. Le mani sfiorano ogni piccolo lembo di pelle e lentamente risalgono i polpastrelli, lentamente scivolano verso il petto, la dove vicino al collo si ferma la stoffa arrotolata. Poi il ghigno scompare e un espressione seria appare sul volto, come se quello fosse un rituale religioso e sacro.

    La lingua lecca la pelle, la tocca appena, sente il calore sulle mani, lo stesso emanato da quel corpo fragile e piccolo. Ma quanto fragile può essere il suo, che ha sofferto il freddo e la fame, che per strada ha vissuto fin dalla nascita, arrangiandosi, raccogliendo avanzi di altri e lottando con le unghie e con i denti per sopravvivere..? Quanto può essere allenato quel cuore, che mai ha ricevuto amore, nemmeno da quel partner che ora lo bacia, lo accarezza piano, lo fa eccitare gradualmente, lo sveste di quegli abiti ingombranti, che a niente servono se non per celare la pelle e il suo aroma..?

    Socchiude gli occhi e lo fissa da quella posizione, finché le labbra di Saruhiko non avvolgono il suo membro, l'asta calda e bollente che lentamente fa calare in quella bocca, fino a puntellare la gola e invadere ogni cosa. La circonda di pareti calde, morbide e la carezza veloce, con gesti regolari e veloci. Sente il piacere spingersi contro il ventre e là, sotto quella folta peluria scura e quasi rossiccia. Si alza, un colpo di reni, il dolore a lacerare il fianco colpito, le mani a stringere ed afferrare con rudezza la capigliatura corvina, i denti che graffiano il sesso e il gemito spezzato dal dolore. Le dita stringono maggiormente la chioma, per poi allentare gradualmente la presa, mentre le gambe divaricate lasciano spazio a quei gesti e quei tocchi. Sospira veloce e Sakuhiro procede, senza sosta, fino a farlo arrivare al limite e solo allora fermarsi. Misaki abbassa lo sguardo, lo fissa con odio, con rabbia, lo fissa e lascia i capelli, mentre il fiato corto e le guance rosee lo rendono caldo, lo rendono succube.



    “Misaki.”



    La voce bassa soffia sulle labbra del giovane, gli occhi penetranti in quell'abisso color mogano. Misaki vacilla, un attimo e lo fissa, mentre Sakuhiro lo stringe, lo bacia, lo tira a se e lo spoglia con frenesia, come se non ci fosse più tempo, come una bomba pronta ad esplodere. La preparazione è veloce, troppo e Misaki si oppone, morde le mani, le labbra, le spalle, mentre le dita afferrano la camicia, tirano verso l'alto fino a strapparne la stoffa e andare a scavare sotto, là dove la pelle è sensibile.

    I pantaloni si calano con l'intimo il corpo viene spinto a terra, sollevato per la gambe magre e sode, mentre il corpo si va a incastrare tra esse, spingendosi piano nell'apertura appena lubrificata. Poi una spinta veloce, profonda e dolorosa lo dilania. La pelle che si lacera, il non essere più costantemente abituato, la preparazione fatta troppo velocemente, mentre quel bruciore terribile che lo divora.

    E sopprime le urla tra le mani, lasciando che le lacrime pungano gli occhi chiusi serrati. La mente è scossa e sveglia più che mai e Sakuhiro lo ignora, si muove veloce, senza pensare ad altro che al proprio piacere, sopra di lui, con le mani a sollevargli le gambe, con lo sguardo fisso su quel viso sofferente.

    Non ci sono parole, solo respiri, borbottii trattenuti, il rumore delle gomme sull'asfalto in lontananza, qualche treno che fischia e il rumore del vento che accarezza i capelli sottili come fili d'erba.

    Non c'è amore. Non c'è contatto se non quello sprezzante della sofferenza, quello del piacere più grande, là, quando Sakuhiro trova il fascio di nervi, là, quando Misaki trova un salvagente in mare aperto. Perché è una tempesta, è uno tsunami, è l'onda che alta va a scagliarsi contro di lui per divorarlo e spingerlo a riva con rabbia. Le mani si allungano dietro la testa, perché le spinte lo stanno facendo sfregare contro il suolo. Le dita cercano un appiglio e quando lo trovano, le mani stringono forte, come se solo quello lo salvasse. E in quel momento i gemiti sono trattenuti male, il piacere da libero sfogo ai suoni, alla cantilena perfetta che fa arrivare all'orgasmo il traditore, mentre colui che soffre si ritrova inondato di liquido caldo, denso e la completezza lo fa straboccare e venire l'attimo dopo.

    Il corpo sporco, sia dentro che fuori, l'anima macchiata, ancora una volta. Dolorosa è la cicatrice che andrà a crearsi su quella carne morbida, putrida sarà la memoria di quel giorno, dell'ennesimo.

    Non ci sono saluti cordiali, solo un rivestirsi da parte di uno e andare a raccogliere l'arma abbandonata al suolo fino a quel momento. La spada si rifodera, mentre l'altro è intento a coprirsi le parti basse, doloranti fino alla nausea. Un ghigno invade la via e Misaki ha un brivido. Paura e vuoto, quel senso di perdita, quella sensazione amara e tagliente. Il sangue non scorre più fuori dal corpo, ma la pelle tira e la mano della follia lo accarezza sul capo, la in quel campo profumato. La bocca scivola vicino all'orecchio e la voce cantilenante gli tambura fin dentro la testa.



    “Ci vediamo, Mi-sa-ki~.”





    //Spazio all'immaginazione.

    Bon, l'ho scritta e sinceramente credo di essere rimasta anche piuttosto IC, più per le tematiche dell'anime che per il resto, dopotutto non so come potrebbe davvero reagire Misaki affrontando un rapporto con Saruhiko. Saruhiko invece mi sembra quasi più semplice da gestire, forse per la sadicità? Sarà che sono quasi malata come lui a livello mentale ahah (oddio spero di no!).

    Beh, spero vi sia piaciuta~ Lasciate un commento che è sempre gradito 8D *porge fiori*


    Cigarettes;
  7. .
    *-* grazie, sono felice di trovare un'altra fan dell'Akuroku ♥ E si, l'ho postata anche su efp, questo è il mio account: www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=112405
  8. .

    n1eNa


    {rosso cremisi.}








    Apro i miei occhi, cerco di vedere

    ma sono accecato dalla luce bianca.

    Non riesco a ricordare come,

    non riesco a ricordare perché,

    sono steso qui questa notte.



    Il pavimento è liscio e gli occhi fissano solo quella superficie chiaro-scura. Non ci sono movimenti, solo la fastidiosa scia di fumo di quella sigaretta, che riempie la stanza con quell'aroma pungente e nocivo. Ma di qualcosa si sarebbe comunque dovuti morire, almeno questo, era quello che pensava il ragazzo dai lunghi capelli scarlatti. L'altro, invece, non sembrava vedere le cose nello stesso modo del compagno. Era infastidito e schifato, e se si fosse trovato in uno stato più lucido, si sarebbe, come al solito, inviperito, sputandogli contro sentenze fino allo sfinimento. Ma niente. Niente, a parte quel fumo, si azzardò a interrompere quella sorta di quarantena, dove entrambi, si erano rinchiusi.

    E non era un caso, che ora, si trovavano a fissare una superficie inerme, non era un caso che il sole aveva già superato le alte case della città. Axel era rimasto in quella casa, frastornato, esausto e scosso e Roxas, non lo aveva cacciato, perché tanto non sarebbe tornato nessuno fino alla sera successiva. Ma non era davvero questa, la vera ragione. La ragione principale era, come erano arrivati a quel punto. Come, la sua maglietta preferita, era finita strappata sul pavimento e come a lui gliene importasse, poco meno di zero. Continuava a fissare, come l'altro, il pavimento, incurante del puzzo che stava procurando alla sua stanza, incurante del fatto che fosse nella sua stanza. Nudo. Senza nemmeno quel misero pezzo di stoffa a coprire le parti intime, senza nemmeno quel briciolo di pudore nel tentare di coprirsele. Ma Roxas, non sembrava esserne interessato. Non sembrava essere interessato a niente di tutto quello, nemmeno al fatto, che pure lui, si trovasse completamente nudo sul pavimento, seduto in una posizione, quasi, comoda.
    Il sole estivo, lo aveva sempre detto Xion, dava alla testa.





    Malgrado le menzogne che stai creando,

    il tuo amore è mio perché l'ho preso.

    Io sarò l'unico che ti reggerà,

    io sarò l'unico verso cui tu correrai.

    Il mio amore è

    un'ardente fuoco consumatore.




    E' odio, è tormento. Le mani che si toccano, che toccano pelle, carne, capelli, indumenti... La voce si avvicina, una al ruggito impetuoso di una tigre, l'altra, ai soffi isterici di un gatto. Un corpo che sovrasta l'altro, gli occhi socchiusi fino a diventare dei pungenti spilli neri. Poi le gambe, dei grovigli e le mani a stringere e tirare le magliette, come a volerle strappare, distruggere, bucare. E le bocche semi aperte, entrambe a mostrare dentature smaglianti e affilate. Non è un vero e proprio azzuffamento, è una lotta per la predominanza. La ragione per cui fosse sorto tale conflitto, era strana, indecifrabile, un litigio, uno come un altro. Un insulto di troppo, una battuta sbagliata, l'umore cattivo e un leoncino a portata di mano. Roxas tirava, mordeva la pelle della spalla sinistra. Axel strappava una maglietta, la stringeva e la torturava, come se fosse la cosa più fastidiosa. Effettivamente, nella sua mente, era di troppo.

    La pelle di Roxas è chiara, come quella di un bambino, un bambino troppo cresciuto forse. Axel la graffia, la bacia, la morde, la marchia e Roxas soffia, miagola, come se tutto ciò fosse urtante e piacevole al tempo stesso. Ma non demorde, non si da per vinto, perché lo vuol distruggere, lo vuole colpire, lo vuole marchiare anche lui. E allora le mani, piccole rispetto a quelle di Axel, ma non meno temibli, si avventano sulla schiena, sui capelli. Tirano, graffiano e le unghie penetrano. La pelle diventa più rossa, mentre Axel ruggisce e si lascia percorrere da brividi di piacere. Gli occhi affilati, sottili, fissano quella chioma dorata, fissano quella pelle color pesca e lo addenta, di nuovo, lo afferra con forza e lo spinge sotto, per terra. E Roxas grugnisce, come un cucciolo che è appena stato offeso. Lo odia. Lo odia da impazzire. Sbatterlo in quel modo sotto di lui, salirgli sopra come se qualcuno gli avesse dato il permesso.

    L'irruenza di Axel non cede, nonostante l'altro gli sia andato a spintonare il petto e lo stomaco, nonostante abbia cominciato a tirare la maglietta fino a creare un buco grosso alla pancia, per poi farsi rimanere in mano il pezzo si stoffa. Ma entrambi sono sordi, sono ciechi, perché tutto ciò che vedono e carne. Tutto ciò che martella le loro teste, è desiderio e foga. Ed è in quel momento che Axel scivola e Roxas tira. Tra le labbra viene preso e torturato un capezzolo, tra le dita vengono stretti i capelli. Poi un calcio al ginocchio e Axel cade più in basso e d'istinto afferra quel bottoncino rosa coi denti, d'istinto lo tira e lo stringe e allora Roxas geme forte, spingendosi verso di lui, mentre gli occhi si stringono. Ha fatto male e bene.

    L'ha scosso fino all'inguine, facendogli crescere l'erezione già tirata dentro i boxer, oltre i pantaloncini estivi. Axel ghigna e alza lo sguardo verso il suo volto, incontrando subito quelle iridi chiare come il cielo estivo, quel fottutissimo cielo estivo. Roxas lo guarda male, malissimo e si spinge verso di lui andando a tirargli i capelli. Ma quest'ultimo, molla una mano da terra, la dove aveva trovato stabilità dopo quel calcio, e la sposta verso quella di Roxas che tiene i suoi capelli e la tira. Tira Roxas verso se, finendo per arrivargli col viso davanti, finendo per soffiargli aria calda sulle labbra e mostrargli quell'espressione seria. Lo sguardo di Axel lo fa vibrare, lo fa trapelare da ogni parte e la sente. Oh si. L'erezione che aumenta, quel fastidio ingombrante la sotto e Roxas deglutisce a vuoto, fissandolo, però, di rimando e con la solita intonazione di sguardo. Sfida, rabbia ed eccitazione. Axel si avvicina, soffia ancora contro le labbra schiudendo le proprie lasciandole inumidire, mentre gli sguardi si cercano, si navigano, si scoprono, ora come se fosse la prima volta.


    E' stato qualche mese fa, che loro si sono incontrati per una mera coincidenza, per caso hanno cominciato a parlare e sempre per caso quella loro prima “chiacchierata” era stata una litigata senza precedenti, scaturendo odio da parte di entrambi. Però, il caso, aveva voluto che loro si rincontrassero, ancora e ancora, e Axel, non aveva potuto fare a meno di pensare che era destino. Un destino strano, il loro, che li portava a trovarsi sempre, più volte, un giorno dopo l'altro, fino a trovarsi a parlare come vecchi conoscenti, come vecchi amici, seduti su una panchina marrone, consumata dal tempo e dalle persone.


    Poi lo sente, quell'odore di Roxas. Quell'odore pungente e schivo, così scorbutico. Lo sente e si fa trascinare da esso, fino a chiudere in un solo secondo le palpebre e andare a mangiargli le labbra. Le succhia, le morde, le vuole divorare. Poi si schiudono, come una conchiglia e ne sente il sapore. Ed è lì, che la lingua piccola e morbida, accarezza la propria e lo fa impazzire. Lo fa calmare. Le mani cercano un appiglio, cercano i capelli chiari, li tira, ci scivola dentro con le dita e poi scorre sulle spalle, scivolando verso la schiena, tastando ogni parte. E Roxas freme di piacere nel sentirsi coccolato in quel modo, nel sentire la lingua dell'altro invadergli la bocca, fino a toccargli la gola e fargli mancare il fiato. Si lascia invadere dai brividi ed è in quel momento che Roxas ha perso. Perché Axel scorre fino ai glutei e li afferra, li tasta, li lavora come se fosse creta, li modella. E subito afferra i pantaloncini e li tira verso il basso, lo scopre e un bottone parte. Ma non importa, Roxas solleva il bacino e poi le ginocchia e rimane nudo, perché è in quel momento che si accorge, che Axel, lo ha completamente denudato ed è in quel momento che Axel ha perso.

    Si alza, di scatto e lo spinge con tutta al forza che ha. E Axel non può nulla, perché colto alla sprovvista. E' troppo tardi per reagire. Roxas lo guarda, sopra di lui a cavalcioni sul ventre dell'altro, con il membro dritto ed esposto alla vista di Axel, che ride appena, sapendo che è eccitato. Ma quella risata scivola in un ghigno, perché Roxas, indispettito va a toccare la sua, altrettanto calda e dura. E Roxas sorride, come un vincitore, come un gatto che ha appena schiacciato il topo. Ma Axel non è un topo, ne tanto meno una preda da catturare. Axel è il predatore. E' l'animale selvaggio, indomabile e grezzo. Però, lo lascia fare, lascia giocare quel “gatto” sopra di lui, studiando ogni gesto, ogni mossa.

    Roxas continua a mostrare quel sorriso di vittoria, che ben presto sparisce, per passare a un espressione dura e sensuale, mentre la frangia color miele gli cade sugli occhi e gli assottiglia lo sguardo. Scende e con rabbia gli cala i pantaloni, e la cerniera si rompe. Axel ride piano ed è in quel momento che Roxas non attende altro. I pantaloni che cadono a terra, le mani che si posano sulle gambe schiuse, l'odore di Axel che gli trapassa i polmoni. Lo bacia, tutto. Risale fino alla cima coperta, per riscendere verso i testicoli e da lì riparte, ma stavolta con la lingua. Lenta, calda e sensuale, percorre tutto il sesso coperto dall'intimo e Axel non respira. Lo guarda, lo fissa e il desiderio di prenderlo in quel momento è tanto, tanto che non si rende nemmeno conto del perché Roxas stia facendo una cosa del genere, perché si sia spinto così oltre e perché lui stesso lo sta facendo. E non ci riesce, non trattiene più niente, più ossigeno e l'aria scivola via, così come un gemito roco. Lo accarezza con i polpastrelli, scivolando per tutta la cute e accarezzando quella chioma morbida e profumata. Così soffici, così chiari. Axel socchiude gli occhi e lo fissa, languido di piacere e desideroso di altro. L'erezione dentro i boxer si fa imponente, grande, intenta a volere più attenzioni, perché ne richiede, perché ne ha bisogno. E Roxas non se lo fa certo chiedere, lo scopre e lascia scorrere i boxer fino a metà coscia, andando con la lingua a leccare la suddetta, scivolando verso l'interno, verso l'inguine rossiccio. Poi l'accarezza, piano, con gentilezza quasi e il cervello sembra essere sconnesso, come se non sapesse davvero cosa, la sua bocca, è intenta a fare. Poi lo succhia, lo bacia, e stuzzica il glande con la lingua, per poi pomparlo con le labbra tumide. E lo accoglie, lo abbraccia forte, più e più volte, scivolando con quei cuscinetti rosei su e giù per tutta la lunghezza, rimanendone quasi strozzato, rimanendone quasi riempito e Axel non resiste, non ce la fa, è più forte di lui. Lo afferra per i capelli, e lo spinge, con forza, lo incita a un ritmo veloce, frenetico. E se la fotte. Si fotte la bocca di Roxas, come se fosse altro, come se fosse quello. E Roxas dentro di se ride, ride come un pazzo, lasciandosi toccare i capelli, lasciandosi spingere in quel modo, lasciandosi scopare la bocca, fino a che Axel non viene dentro la cavità profonda della sua gola. A quel punto Axel ha perso davvero.

    Sul suo viso c'è un sorriso e su esso c'è saliva che scivola, c'è umidità, c'è sesso, c'è uno strano sapore. Si lecca le labbra, passandosi il polso su essa e lo guarda, guarda la tigre sfatta, soddisfatta e appagata. E sorride, con un ghigno di vittoria, mentre pregusta quel qualcosa che non avrà mai, perché Axel, per quanto sia debole alla carne e al corpo dell'altro, a quelle attenzioni, che da mesi non aveva da nessuno, se non dalla sua cara amica “mano”, non è certo così disperato e ingenuo. Ma Roxas non sa, non prevede e prima che possa fare quello spostamento verso i glutei, Axel lo afferra, e se lo spinge addosso, baciandolo con impeto. La lingua scivola dentro la bocca e Roxas affoga, non respira, si aggrappa a quelle spalle larghe, a quei muscoli tonici e cerca di calmare quella foga di avere, di prendere tutto e subito. Ma Axel non lo ascolta e scava, naviga, ancora e ancora, finché Roxas non ne esce stordito e sfinito, finché Axel non scivola via da quella bocca morbida e ne lecca l'esterno, andando sul mento, fissandolo con malizia e lussuria, guardandolo e leccandolo, scivolando oltre le clavicole e andando verso il petto e li ne accarezza i capezzoli, mentre una sua mano gli accarezza il membro e l'altra, la sorella, risale verso il corpo del più giovane, andando a stuzzicare le labbra completamente bagnate. Entra dentro la sua bocca, senza pretese e senza altre indicazioni gli impone ciò che vuole, gli impone di succhiare. E lui lo fa, e lo fa anche bene, mentre gemiti caldi escono da essa, scontrandosi con la pelle dell'altro e mandando in confusione il cervello del più giovane.



    Ha 19 anni, l'altro 16 e mezzo.

    Ha la pelle ambrata, l'altro color pesca.

    Ha paura degli insetti, l'altro del buio.

    Ha patito la fame, all'altro è mancato l'affetto.



    Roxas lo vuole, è pronto. Le gambe sono divaricate e lui è schiacciato a terra ansante, mentre il suo membro è già stato svuotato, attende l'arrivo di Axel, che da dietro lo ha steso a terra, sovrastandolo col suo corpo. Gli afferra le cosce e lentamente scivola dentro quel buco divaricato, preparato, bagnato e Roxas si fa sentire, con voce alta, spezzata e graffiante. Axel si lascia andare in un momento di apnea, dove il piacere che lo avvolge è la cosa più bella di quel mondo. Entra tutto, fino in fondo e Roxas graffia il pavimento chiaro-scuro, cerca qualcosa e l'unica cosa vicina è la sua maglia strappata. L'afferra e la tira, disintegrandola ancora di più, mentre delle lacrime di dolore gli varcano gli occhi. Ma si trattiene. Non grida, evita di irrigidirsi troppo, perché la stretta di quell'anello, fa storcere il naso ad Axel che si avvicina al suo orecchio, cominciando a rassicurarlo, sedurlo, chiamarlo. E Roxas si calma, mentre si sente coccolato da una mano esperta, mano che ora gli avvolge il sesso bollente e di nuovo sveglio. Così Axel si muove e Roxas miagola forte, con voce rauca e spezzata, aggrappandosi a quella maglietta con una mano e portando l'altra ai capelli spinosi del compagno, stringendoli forte. E Axel aumenta le spinte, poco a poco, fino a raggiungere un ritmo veloce, costante, sfrenato. Le sue gambe che vanno a divaricare maggiormente quelle di Roxas, tremanti. Ed è in quel momento che lo tocca. Lo sente e Axel ruggisce, mentre Roxas si inarca sotto di lui. Parole confuse scivolano dalla sua bocca, in cerca di conforto, in cerca di qualcosa. E Axel riprende, ancora e ancora e Roxas gode, freme di piacere e diventa osceno. Diventa bellissimo e Axel viene dentro di lui a quella visione riflessa nel vetro della porta finestra davanti a loro. Roxas lo segue, poco dopo, pervaso da quel liquido caldo che lo riempie, scosso da fremiti e dal piacere, mentre la mano di Axel lo tira, finendo di pompare il membro duro.

    Il tramonto scivola su loro, come si fa con le cose. Col piacere, con il sesso, macchiando la pelle liscia. Scivola e va oltre la mente, portando tutto alla razionale verità.

    Il sole non rimarrà a scaldare nessun corpo, ne a giustificare certi atteggiamenti, certi gesti. E i due lo sanno. Roxas lo sa. E si sveglia, come da un sogno, come da un incubo, e osserva il letto sporco su dove si ritrova. Un pavimento e un Axel seduto di fianco a lui, confuso e stordito. O almeno così sembra essere.



    Quando le tenebre verranno illuminerò la notte con stelle

    senti i miei sussurri nelle tenebre.

    Giaci qui stentato e nudo,

    il mio amore sta solo aspettando

    di vestirti in rose cremisi.


    La sigaretta è finita, il fumo ha smesso di invadere la stanza, ha smesso di creare strane forme nell'aria. Fuori, un gruppo di cicale cantano in coro qualche strana e vecchia canzone. Il ritmo viene spezzato. Il silenzio si assottiglia e l'eco di una voce spezzata si amplifica verso le orecchie sempre allerta di Roxas.



    « I tuoi a che ora tornano questa sera? »



    « Non tornano. »



    « Uhm...Capisco. »



    « …. »



    « Allora, ti andrebbe, di rifarlo con calma? »



    Gli occhi si incontrano, lo sguardo di Roxas è scioccato, imbarazzato, ma felice. Si sente bene, come in pace e qualcosa dentro di lui muta. Il nervosismo iniziale sembra svanito, qualcosa di caldo si agglomera al centro del petto, mentre gli occhi chiari ma densi di Axel lo fissano, e anche loro sono carichi di qualcosa, così come quella posizione tranquilla e rilassata, mostra quanto l'altro stia bene ora. Un sorriso inarca le labbra del più giovane, mentre una mano si tende rapida ad afferrare la chioma scarlatta, tirandola a se, così come il proprietario di essa. I volti vicini e il fiato caldo a scontrarsi l'uno nell'altro.


    « Si, per tutta la notte. »



    //Spazio all'immaginazione.

    Bene, ad essere sincera non so quanto possa aver scritto bene questa lemon, visto che l'ho scritta di notte e stamani me la sono riletta giusto per togliere qualche strafalcione, che il mio occhio "pigro" ha notato. Per tutti gli altri strafalcioni? Figure di cacca a go-go. Anyway, qualche nota? Boh, ho usato qualche testo di canzoni degli Skillet, più precisamente la canzone whisper in the dark♥ (invito, chi non la conoscesse, ad ascoltarla.) Che altro? Maaa.. niente di particolare, spero vi sia piaciuta nel complesso :3 Ah si, è la prima AkuRoku che scrivo, quindi ò_ò siate clementi(?) e non scannatemi nel caso avessi rovinato un personaggio o peggio ancora entrambi x'D (spero in ogni caso che non si accaduto). Se volete sapere perché ho deciso di scriverla è perché... deh, non avevo un cazz* da fare a scuola e sinceramente seguire la lezione non mi andava per niente, così ho cominciato a scrivere su loro. Loro perché... Perché uno è biondo e l'altro è rosso e perché io ho una fissa per questi colori associati. *coffdeathnote,mattmellocoff* (oltre al fatto, che dopo l'ultima fan fiction letta sul cell, di _Ella_ *si, tu* mi ha dato un input maggiore per scriverla. Donna, ne ho commentate poche di tue fiction *chiede scusa* ma sappi che le amo tutte ò_ò soprattutto quando Roxas è una grande e intraprendente putt*...ehmehm.. insomma, quando è molto più diretto eh! 8D Anche se sono più portata per le storie tristi *masochista number one*.)

    QUINDI! Basta, l'ho scritta e se vi fa schifo, i don't give a fuck potete sempre snobbarla come tutte le altre.



    Cigarettes;
  9. .
    4JDOz
    809mo
    Cari lettori e non di spam vari, questo è uno spam speciale che raccoglie in se ben SETTE iniziative, tutte indette dal nostro por-folio, il Blue Ducks. Le iniziative non sono un vero e proprio spam, sono più un modo per far conoscere il nostro pensiero alla massa intera di utenti che vaga sui forum e trovare al tempo stesso che condividono le nostre idee, da quelle più stupide a quelle più serie. Io partirei col porno! Come i ragazzi e le ragazze con gli occhiali che attizzano, per poi scivolare verso i bellissimi colore degli occhi e dei capelli, rossi, viola, bianchi, e le varie domande: perché nella vita reale non posso avere gli occhi bianchi geneticamente? çAç o i capelli azzurri? Poi passiamo al sadismo, a quella nostra malsana voglia di torturare i nostri personaggi sia nei gdr che nelle fan fiction! Perché noi amiamo l'angst! Più soffrono e più è divertente la storia~ Passando poi ai vari pianti isterici e le domande esistenziali che molte fan e molti fan si pongono: perché quelli più fighi devono sempre morire? Eeeeh, bella domanda gente! Io proprio non lo so e sinceramente vorrei davvero una risposta (perché cazz* mi avete fatto crepare Ulquiorra? çAç *lancia ciabatte a destra e a manca*) Passiamo poi agli orsi e il loro "amorevole" modo di sbranare le persone, quelle che più odiamo, quelle incoerenti, false, stronze, quelle che ti abbandonano per un ragazzo o perché per loro siete internet, insomma mica degli esseri umani! Siete una fottuta rete e quindi non valete quanto vale una fottuta persona "reale". Un grande inchino perché io sono un pc voi non lo sapevate? 8D Ora ne siete al corrente. E in fine una bella dedica a tutte quelle persone che non sanno leggere e che se ne saltano fuori con le loro domande da puri e semplici deficienti. Della serie, mi masturbo a giornate piuttosto che leggere qualcosa di effettivamente utile ai miei neuroni. Eh già, ci sono tante cose, tante proteste e tante succulente immagini, come i tipi che qua in basso vi invitano a passare da noi e iscrivervi~ Quindi a presto, cariH utenti! 8D
    MkVon
    ZirjA
    Non so se la gente è analfabeta e quindi risponde solo con azioni meccaniche e svogliate, da evitare repentinamente ogni testo che supera la bellezza di tre righe! Insomma, non vi è mai capitato di vedere persone che invece di leggere il regolamento vengono nel TUO forum a fare come cavolo gli pare, solo perché nel LORO forum fanno così?
    Beh, non è questo il modo di fare.
    Uno entra in territorio altrui, nel forum ALTRUI, e la prima cosa che fa è leggere quanto meno ciò che il regolamento richiede, ciò che c'è scritto prima di postare qualsiasi boiata colossale o domanda da coglioni number one! Noi ci sbattiamo per scrivere papiri di cose, ci sbattiamo perché siano comprensibili pure per gli animali da cortile e quelli selvatici, insomma pure per i pokemon e mia nonna! E cerchiamo di essere sempre carini e coccolosi con tutti, pure con pedo bear in persona che ci ruba puntualmente l'utenza minorenne. E loro, razza di gente che è solo brava a copiare e incollare come signor tasto destro comanda, puntualmente non leggono, fanno finta di dire oh si ho letto tutto e intanto, puntualmente, ti danno la prova di essere degli emeriti cocomeri che non hanno voglia nemmeno di leggere cinque righe in croce.
    Insomma il rispetto per i regolamenti, per il lavoro altrui si sta andando a farsi benedire e non solo quello, ma anche tutto il resto, come nelle rolé dove trovi puntualmente la demente o il demente di turno che non legge il tuo post ma solo frammenti di esso, poi resosi conto che è troppo lungo per il suo cervellino da verme solitario, passa direttamente ai dialoghi, se ce ne sono, e risponde a caso, travolgendo e sopprimendo ogni azione del tuo personaggio.
    E allora un bel vaffanculo generale a questo punto.
    Sinceramente non capisco la difficoltà di prestare un minimo di attenzione alle cose, non vedo quale cane sia li a rodervi il deretano se non vi sbrigate a fare quello che "dovete" fare e quindi tralasciate pezzi importanti delle cose. Ma dico, quando fate all'amore con il/la vostro/a partner, o sesso con qualsiasi persona, passate subito a quello senza la premura di mettere un preservativo, oppure vi dedicate anche ai preliminari e decidete di usare il preservativo così da combattere gravidanze e malattie?
    Consiglio spassionato a chi invece si masturba e basta: trovati un lavoro o diventerai cieco/a, oppure LEGGI DI PIU', che tanto non ti fa certo prendere il raffreddore o ti ammazza la schiena, al massimo diventerete tutti come Leopardi, gobbi e un po' orbi. 8D

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    Il Cavaliere d'Inverno
    Alzando gli occhi dal gelato, vide un soldato che la fissava dall'altro lato della strada.
    Anche voi siete degli appassionati de "Il cavaliere d'inverno" e della splendida ed emozionante saga di Paullina Simons?
    Se la risposta è sì, venite a trovarci nel forum dedicato a questa bellissima e appassionante storia d'amore e di vita!
    Potete trovare tutte le sezioni riguardanti la saga (Il cavaliere d'inverno, Tatiana e Alexander, Il Giardino d'estate), i libri di appendice come Tatiana's Table, il prequel di prossima uscita Children of Liberty, il film in cantiere, la scrittrice, tutte le sue altre appassionanti opere da Tully fino a A Song in the Daylight, e molto molto molto altro ancora!
    Se invece non conoscete questa storia, speriamo che il nostro forum vi coinvolga e vi spinga a leggere questi romanzi, così che possiate parlarne con noi nel forum!
    Raggiungici cliccando sull'immagine ❤
    Tatia? Tu sai che dico la verità.
    A te piacerebbe vivere in Arizona,
    la terra della breve primavera? ♥
    code by airin
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    Munich GDR - 'Lost in Bavaria'
    Guten Tag! Welcome to Bavaria! Hai sempre voluto andare in Germania?
    Hai sempre pensato che Monaco fosse una città meravigliosa, alla pari con Dresda, Berlino, Amburgo, Lipsia, Francoforte e Bonn? Ti ha sempre ispirato l'Oktoberfest? E allora che aspetti, entra a Monaco!
    Questo è un GDR con ambientazione reale, cioè, qui si possono vivere le vite dei proprio personaggi come se fossero reali, in una città reale. Nel nostro tempo! Senza avere strani poteri o mostri vari.
    Stufi dei GDR con mostri e magie? Ti piace di più un GDR 'normale', con personaggi il più normale possibile? Beh, allora forse sei nel posto giusto! Entra a Monaco, creati il tuo personaggio e conquista! Vivi! Fai festa, studia, lavora, conosci nuova gente! Prova ad immaginarti il tuo Oktoberfest per il tuo personaggio!
    Che dire ancora, entra a Monaco, fatti conoscere, crea il tuo personaggio e poi parti alla scoperta di questa meraviglia di città! Che altro... divertitevi e..... Prosit!


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    OH MIO DIO! ò__ò è stupenda la nuova doujinshi, poi AoKise :Q___ terribilmente perfetti ♥
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    Aww *3* il terzo capitolo! E' bellino, bellino questo manga e il demone =çç= me gusta!
37 replies since 21/12/2011
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